Last updated on Agosto 7th, 2021 at 02:26 am
Nel racconto L’uomo bicentenario (The Bicentennial Man), pubblicato nella raccolta Antologia del bicentenario (The Bicentennial Man and Other Stories) del 1976, lo scienziato e scrittore russo naturalizzato statunitense Isaac Asimov (1920-1992) racconta la storia – sviluppata in seguito nel romanzo Robot NDR-113, firmato assieme allo scrittore e sceneggiatore statunitense Robert Silverberg e pubblicato postumo nell'ottobre 1992 – di un robot positronico (cioè vincolato dalle Tre leggi della robotica) che insegna quale sia il valore autentico della vita umana. Questa estate, assieme ai propri lettori, «iFamNews» vuole ripercorrere alcuni tratti salienti della vicenda dell’automa denominato NDR-113, alias Andrew: non son poche le cose semplici e vere con cui questo personaggio, inventato da uno scrittore ateo, umanista e razionalista, riesce ancora a sorprendere tutti.
Il robot NDR-113 entrò nella famiglia Martin «in un’epoca in cui i robot in servizio domestico e perfino sulla Terra erano una rarità. La famiglia era composta di quattro persone: il Signore, la Signora, la Signorina e la Signorina Piccola. […] La Signorina Piccola era stata la prima a chiamarlo Andrew perché s’impappinava sulle lettere, e anche gli altri avevano preso quell’abitudine».
Decisamente Andrew non era un robot qualunque. Ne ebbe egli stesso la prima dimostrazione quando fu sfidato dalla Signorina a compiere un gesto apparentemente senza ragioni: nuotare nell’oceano gelato fino a una roccia su cui faceva il nido uno stormo di cormorani. Secondo il principio di prudenza, e in ottemperanza alle Tre leggi della robotica che ne limitavano scelte e azioni, Andrew si era rifiutato di lanciarsi in quella stramberia per non lasciare da sole sulla spiaggia le bambine che gli erano state affidate. Salvo poi, quella notte stessa, scendere a nuotare fino alla roccia «per vedere quanto tempo impiegava». Quella notte «nessuno gli aveva chiesto di arrivare a nuoto fino alla roccia. Era stata una sua idea. Lo aveva fatto per curiosità, se così si poteva dire». La famiglia Martin non lo seppe mai. Fu solo dopo il compleanno della Signorina che la famiglia notò per la prima volta le “strane caratteristiche” di Andrew.
Andrew aveva imparato che il festeggiamento del proprio compleanno era un avvenimento importante nel ciclo annuale di un’esistenza umana, la commemorazione dell’anniversario del giorno in cui si era usciti dall’utero materno.
Ad Andrew
sembrava strano che gli esseri umani scegliessero come un momento da commemorare il giorno in cui erano venuti alla luce. Aveva qualche nozione di biologia umana e riteneva che sarebbe stato molto più importante concentrarsi sull’attimo della creazione vera e propria dell’organismo, quando la cellula spermatica penetrava nell’uovo e iniziava il processo di divisione cellulare. Era sicuramente quello il momento in cui nasceva una persona!
Indubbiamente
nei nove mesi trascorsi nell’utero della madre, il nuovo essere era già vivo, anche se non poteva dirsi ancora in grado di funzionare in modo indipendente. Né era capace di funzionare indipendentemente subito dopo aver lasciato l’utero, quindi la distinzione fra nascita ed esistenza prenatale, sulla quale gli esseri umani insistevano, aveva pochissimo senso per Andrew.
Quanto a lui
era stato perfettamente in grado di svolgere tutte le funzioni per cui era stato programmato nel momento stesso in cui era stata completata l’ultima fase del montaggio e i suoi circuiti erano stati inizializzati. Un bambino appena nato, invece, non era assolutamente in grado di cavarsela da solo. Andrew non riusciva a scorgere un’effettiva differenza tra un feto che aveva completato i vari stadi di sviluppo, ma si trovava ancora nel corpo della madre, e lo stesso feto quando, un paio di giorni dopo, era venuto alla luce. Il primo era dentro, il secondo fuori: ecco tutto. Ma entrambi erano indifesi, più o meno allo stesso modo. E allora perché non celebrare l’anniversario del proprio concepimento, invece di quello dell’abbandono dell’utero?
Nella giornata del compleanno della Signorina,
Andrew aveva notato il disappunto della Signorina Piccola, alla vista dello splendido ciondolo che il signor Martin aveva donato alla figlia. Anche lei ne avrebbe voluto uno così bello! Per questo Andrew le aveva scolpito un piccolo ciondolo di legno, un ciondolo così ben fatto da suscitare l’interesse del Signore e della Signora, che misero ulteriormente alla prova le capacità artistiche del robot. Al robot “piaceva” intagliare il legno, e affermava «quando sono impegnato in questo lavoro, sembra che i circuiti del mio cervello funzionino più agevolmente. Ritegno che questo sia l’equivalente dell’emozione umana descritta dalla parola “piacere”.
Ora, le particolarità di quel robot vengono definite, da parte degli esperti di cibernetica del tempo, «un colpo di fortuna. […] qualcosa che è presene nei suoi circuiti. Un caso. Negli ultimi anni, abbiamo cercato di progettare circuiti generalizzati, di costruire robot che non si limitino ad eseguire i compiti per cui sono stati progettati, ma che siano in grado di espandere la propria sfera d’azione fino a un processo che può essere paragonabile al procedimento induttivo, e non è del tutto incredibile che qualcosa del genere – questa specie di creatività simulata – sia venuta fuori in uno di essi. […] Andrew è il prodotto di una serie di eventi casuali che, con ogni probabilità, è un unico». Il Signor Martin, con più enfasi, è convito di trovarsi di fronte ad un «genio robot […], qualcosa che si potrebbe considerare prossimo all’umanità».
Mentre la Signorina Piccola si affezionava sempre più al robot, anche Andrew iniziava a sviluppare riflessioni su di sé…
Non temete, l’avventura di Andrew continua il 10 agosto
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