La Spagna, a causa dei governi Social-populisti e comunisti di questi anni si ritrova con un problema enorme, la forte limitazione della libertà di educazione, dei diritti dei genitori e delle scuole libere, private, pubbliche ma non statali. L’attuale maggioranza dei magistrati della Corte Costituzionale , alcuni dei quali nominati proprio dalla maggioranza social comunista di governo, non ama la libertà. Nella sentenza sul ricorso presentato sulla legge Celaà, le libertà educative sono quelle sacrificate. La sentenza che dichiara costituzionale la riforma educativa è chiaramente una restrizione alle libertà dei genitori e delle famiglie.
Nella ricostruzione delle democrazie dell’Europa occidentale dopo la Seconda guerra mondiale, c’era un ampio consenso nel mondo giuridico, che aveva in mente l’amara esperienza dei regimi totalitari degli anni Trenta, sul fatto che una delle missioni delle Costituzioni di cui i nuovi sistemi demoliberali dovevano dotarsi era quella di creare meccanismi che garantissero, per quanto possibile, la limitazione del potere. I maggiori rischi di violazione dei diritti e delle libertà provengono sempre dal potere degli Stati. Da qui la promozione di istituzioni, come la Corte (sovranazionale) dei diritti dell’uomo o le Corti costituzionali in ogni Stato, per esercitare il necessario compito di controllo del potere politico e di difesa delle libertà, nucleo essenziale di ogni democrazia.
È in questa concezione che l’applicazione dell’aforisma ‘in dubio favor libertatis’ diventa la regola primordiale per giudicare norme o casi specifici che riguardano le libertà nei confronti del potere. Se questa regola cade, il sistema demoliberale si incrina, mentre i tentacoli del potere si rafforzano. Ebbene, la maggioranza della Corte Costituzionale in Spagna (sette magistrati con a capo il presidente) con questa sentenza ha fatto esattamente il contrario: ‘in dubio contra libertatem’. E quando una Corte Costituzionale decide contro la libertà, è di fatto al servizio del potere.
Una delle questioni controverse riguarda l'”educazione differenziata”, un’opzione pedagogica praticata nella maggior parte dei Paesi dell’OCSE e offerta persino nelle scuole pubbliche di Paesi come Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Canada e Australia. La Convenzione dell’UNESCO contro la discriminazione nell’istruzione (1960) la considera non discriminatoria, purché sia fornita in “condizioni comparabili”, cosa che nessuno ha messo in dubbio nel caso spagnolo. Il ricorso è motivato dal fatto che la legge Celaá esclude le scuole che hanno adottato questo modello pedagogico dall’accesso ai “concerti educativi”. Escludendo qualsiasi tipo di aiuto pubblico alle scuole con “educazione differenziata”, penalizza le famiglie che sostengono questa legittima opzione pedagogica nell’istruzione di base, alle quali è garantito il diritto all’istruzione gratuita secondo l’articolo 27 della Costituzione.
Contrariamente allo spirito della Costituzione (secondo cui nessuno deve essere privato del diritto di scelta per motivi economici), l'”educazione differenziata” può essere esercitata solo da quelle famiglie che hanno le risorse economiche per pagare la scuola dei propri figli. Questo genererà una sorta di discriminazione su base economica, ovvero le famiglie ricche saranno più libere di scegliere rispetto alle famiglie povere e così moltissime scuole chiuderanno. La sconfitta della libertà è ormai evidente. L’altro caso affrontato dalla sentenza riguarda l'”educazione speciale”. In questo caso la legge Celaá espropria i genitori di uno dei sacrosanti doveri che la potestà genitoriale comporta: decidere quale tipo di istruzione scolastica è appropriata per i loro figli, quando la loro educazione richiede un’attenzione speciale. La legge opta per il modello della cosiddetta “educazione inclusiva”, che mira alla scolarizzazione di tutti gli alunni nelle scuole ordinarie “per evitare la segregazione”, con la conseguente progressiva eliminazione dei centri di “educazione speciale”. La formulazione della legge è ridicola ed insultante: la scuola rispetterà la volontà ed i desideri dei genitori solo se coinciderà con quelli proposti dalla scuola stessa. Chi meglio dei genitori conosce le reali esigenze dei propri figli? Questo tipo di progresso ha un solo nome nella storia, è comunista e sovietico.
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