Non a un solo uomo si può negare la condizione umana

E fu allora che il robot Andrew vinse la sua ultima, splendida battaglia 5/5

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Last updated on Settembre 2nd, 2021 at 02:07 pm

Nel racconto L’uomo bicentenario (The Bicentennial Man), pubblicato nella raccolta Antologia del bicentenario (The Bicentennial Man and Other Stories) del 1976, lo scienziato e scrittore russo naturalizzato statunitense Isaac Asimov (1920-1992) racconta la storia – sviluppata in seguito nel romanzo Robot NDR-113, firmato assieme allo scrittore e sceneggiatore statunitense Robert Silverberg  e pubblicato postumo nell'ottobre 1992 – di un robot positronico (cioè vincolato dalle Tre leggi della robotica) che insegna quale sia il valore autentico della vita umana. Questa estate, assieme ai propri lettori, «iFamNews» vuole ripercorrere alcuni tratti salienti della vicenda dell’automa denominato NDR-113, alias Andrew: non son poche le cose semplici e vere con cui questo personaggio, inventato da uno scrittore ateo, umanista e razionalista, riesce ancora a sorprendere tutti.

Con un corpo biologico perfettamente funzionante, e un desiderio sempre più grande di essere umano, il robot Andrew aveva deciso che non si sarebbe più fermato. Non almeno finché fosse riuscito a «trasformarsi in modo tale da passare da una connotazione puramente robotica a una zona indefinita, in cui la sua identità si avvicinava a quella umana».

E non bastò. Andrew se ne rese conto:

essere un uomo de facto non mi basta. Non voglio soltanto essere trattato come tale, ma diventarlo legalmente, con tutti i diritti connessi. Voglio essere un uomo de iure. […] sono alla pari di ogni altro essere umano, in qualunque campo; anzi, in molti sono perfino superiore. Voglio che mi sia riconosciuta quella piena condizione giuridica di essere umano che mi spetta. […] è un’aspirazione che si è sempre più rafforzata durante l’arco di sei generazioni umane, man mano che prendevo coscienza delle potenzialità e della portata della mia mente, e adesso questo desiderio mi travolge. Non sopporto più l’idea di essere un robot o che gli altri mi ritengano tale.

Chi Li-Hsing, presidente del Comitato Scientifico e Tecnologico dell’Assemblea Mondiale cui Andrew pose la propria causa, si trovò subito d’accordo:

il desiderio di appartenere alla razza umana [è un] desiderio terribile e struggente, sebbene del tutto irrazionale. È un segno di grande umanità mostrare tali sentimenti». Il Tribunale Mondiale si espresse, definendo come fosse il cervello […] a determinare con certezza l’umanità di un essere. […] Il cervello […] non la mente. La mente è un concetto astratto, il cervello un organo corporeo. Gli esseri umani possiedono cervelli composti di cellule organiche, mentre i robot, nel caso in cui ne siano forniti, hanno un cervello positronico di platino-iridio.

Ed Andrew, appunto, aveva un cervello positronico. Chi Li-Hsing non si perse d’animo, la battaglia di Andrew era diventata la sua:

non ho alcun dubbio riguardo al fatto che tu sia umano, Andrew… Forse lo sei diventato di tua propria mano, ma lo sei comunque. Inoltre, capisco che rifiutare la condizione umana a un solo membro della nostra specie significa evocare nuovamente la possibilità che quello stato venga negato a moltitudini di persone, com’è successo fin troppo spesso nel nostro atroce passato. Non dobbiamo permettere che questo avvenga…

Andrew aveva capito «qual è la principale differenza fra il mio cervello positronico e quello umano»: la differenza è che «il mio cervello è immortale. Tutti i problemi derivano da questo fatto. […] ciò che conta è che le cellule del cervello organico umano muoiono. Devono morire. Non c’è modo di evitarlo. Ogni altro organo del corpo può essere rimpiazzato da un succedaneo artificiale, ma il cervello non può essere sostituito: perlomeno non senza cambiare – e quindi uccidere – la personalità».

In questo modo Andrew aveva «rimosso il problema»:

decine e decine di anni fa, quando il mio cervello positronico fu collocato in questo corpo androide, esso venne collegato a nervi organici, tuttavia fu accuratamente isolato da quelle forze metaboliche che avrebbero finito col provocarne il deterioramento. Ora mi sono sottoposto a un’ultima operazione per riattivare le connessioni lungo l’interfaccia corpo-cervello. L’isolamento è stato eliminato. Adesso il mio cervello è soggetto alla stessa degenerazione di ogni altra sostanza organica, e le cose sono disposte in modo tale che il potenziale, lentamente – molto lentamente – defluisca dai miei circuiti. […] Ciò che ho fatto è stato scegliere tra la morte del mio corpo e quella delle mie aspirazioni e dei miei desideri. […] In quanto robot, avrei potuto vivere per sempre, è vero. Ma ti assicuro che preferisco morire da uomo che vivere in eterno da robot.

L’ultimo, drammatico gesto della lunga esistenza dell’automa fu sul serio incredibile ed «Andrew catturò l’attenzione del mondo». Era infatti arrivato al punto di

scegliere la morte per poter essere irrevocabilmente umano, e quel sacrificio era davvero grande per poter essere respinto. […] Si decise di far coincidere l’atto finale della promulgazione con il giorno in cui si celebrava il duecentesimo anniversario della costruzione di Andrew. […] “oggi, Signor Martin, la dichiariamo… “uomo bicentenario”.

Passarono solo pochi mesi dalla cerimonia e la fine del robot si avvicinava.

I pensieri di Andrew si dissolvevano lentamente, mentre giaceva nel suo letto. […] Ogni cosa gli sfuggiva dalla mente, tutti i ricordi accumulati in duecento anni di vita… Cerò disperatamente di mantenere la lucidità. Uomo! Era un uomo! Voleva che questo fosse il suo ultimo pensiero. Voleva dissolversi… morire con esso.

Appena prima però di scomparire completamente

un ultimo, fuggevole pensiero lo colpì e ristette un attimo nella sua mente prima che tutto finisse. “Piccola Signorina” sussurrò, troppo piano, perché qualcuno lo potesse udire. Poi chiuse gli occhi, e il buio lo avvolse completamente. Del tutto umano, Andrew gli si consegnò senza rimpianti.

1 – Perché non celebrare l’anniversario del proprio concepimento invece che della nascita?

2 – «La sola possibilità di essere libero vale tutto il denaro che possiedo»

3 – Cos’è allora che fa davvero umani gli uomini?

4 – È la perfezione transumanistica il traguardo dell’umanità?

Non temete, l’avventura di Andrew ora è compiuta.

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