Milano, riparte la registrazione all’anagrafe dei figli nati in coppie omogenitoriali

Lo ha annunciato il sindaco Sala dal palco del Pride. La reazione della politica, con le parole dei consiglieri Matteo Forte e Chiara Valcepina

Milano, Palazzo Marino

Milano, Palazzo Marino

Sabato 2 luglio, durante la parata dell’«orgoglio» LGBT+ del «Milano Pride», anche il sindaco Giuseppe Sala ha preso la parola sul palco fra gli altri oratori e ha pronunciato parole molto chiare, affermando di avere, dal giorno precedente, «[…] riattivato il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali. Con grande gioia ho firmato i provvedimenti […] personalmente nel mio ufficio».

La registrazione dei bambini nati nel contesto di coppie omogenitoriali era stata sospesa nel 2020, a Milano come altrove, a seguito di alcune sentenze a tutela di questi minori emesse dalla Corte Costituzionale, che aveva richiesto al parlamento di legiferare in proposito. Poiché però, come afferma il sindaco Sala, il parlamento nel frattempo non ha proceduto in tal senso, «[..] ho aspettato che lo facesse ma non si sono mossi e dovevo fare la mia parte».

La lettera al prefetto del consigliere Matteo Forte

Lunedì, in Consiglio comunale, si sono avute le prime reazioni della politica meneghina davanti a questa presa di posizione e ieri Matteo Forte, consigliere dell’opposizione, docente di storia e filosofia, ha inviato al prefetto di Milano, Renato Saccone, una lettera in cui sottolinea il proprio allarme per «[…] quello che, a giudizio di chi scrive, e secondo la normativa vigente, potrebbe far ipotizzare un abuso nell’esercizio del potere di ufficiale di governo da parte del Sindaco».

Il consigliere Forte si riferisce evidentemente alle parole pronunciate da Giuseppe Sala sul palco, e ne fa un ragionamento affatto ideologico, in punta di diritto. «Le leggi vigenti», scrive, «[…] non consentono di ritenere leciti i provvedimenti rivendicati da Giuseppe Sala circa “il riconoscimento dei figli nati in Italia da coppie omogenitoriali” presso gli Uffici di Stato civile, poiché l’ordinamento italiano – addirittura nella sua Legge fondamentale […] – riconosce l’attribuzione del rapporto genitorialità-filiazione solo a soggetti che abbiano un legame biologico con il nato, salvo specifiche eccezioni puntualmente previste dal legislatore […] a tutela del minore e non del pur legittimo desiderio di filiazione, e sempre dietro provvedimento dell’autorità giudiziaria».

Dal momento che la funzione di ufficiale dello Stato civile compete al sindaco in quanto delegato del governo, e non gli viene conferita dall’Amministrazione comunale, Matteo Forte ne conclude che «[…] il suo esercizio è pertanto strettamente vincolato dalla legge dello Stato, non già da decisioni del Sindaco, della Giunta, o del Consiglio comunale». Niente registrazioni, quindi.

«Le parole pronunciate sul palco sono semplicemente uno slogan», afferma il consigliere, raggiunto al telefono da «iFamNews». «Di che cosa stiamo parlando, dicendo “figli di coppie omogenitoriali nati in Italia”? Non certo di maternità surrogata, che nel nostro Paese è vietata. Forse di stepchild adoption? Esistono norme precise, per questo. Il sindaco non può disporre a piacimento dello Stato civile, facendone e disfacendone le regole, ma semplicemente lo amministra, per conto dello Stato italiano».

«Non è possibile, evidentemente», continua Matteo Forte, «che chiunque si rechi in Comune, dichiari ciò che vuole, prescindendo da ciò che può, e il funzionario sia tenuto a registrarlo come verità, come dato di fatto. Si torna al discorso del registro delle identità alias espresse dai dipendenti dell’amministrazione comunale, e il diritto diviene la prima vittima, la certezza del diritto decade».

Le parole del consigliere Chiara Valcepina

Anche Chiara Valcepina, avvocato, consigliere comunale appartenente a Fratelli d’Italia, non è d’accordo con la presa di posizione del sindaco Sala. «Non lo sono, perché è una presa di posizione, appunto, esclusivamente politica. È un gesto politico che vuole dimostrare vicinanza a una precisa categoria, creando però un mostro giuridico. Non si può scherzare però con la vita di chi si deve tutelare, cioè i bambini».

«Anche la richiesta della Corte Costituzionale al parlamento di legiferare in tal senso», continua, «non presuppone alcuna lesione, questo è il termine tecnico preciso, dei diritti. Per altro, in Italia esistono un Codice civile, una legge sulla filiazione, una normativa per le unioni civili: mi è incomprensibile il motivo per cui un sindaco dovrebbe sostituirsi al legislatore. Non si può considerare Milano una sorta di città-Stato, in cui agire a proprio piacimento».

L’avvocato Valcepina è preoccupata in modo particolare dai risvolti giuridici futuri della decisione del sindaco. «Mi auguro che oltre alla funzione di Stato civile, che il sindaco Sala ha avocato completamente a sé, se ne assuma anche la responsabilità. Non è idea peregrina immaginarsi un futuro di contenziosi, quando questi bambini cresceranno, dal momento che i diritti in gioco sono molteplici, in una materia per giunta delicatissima. Basti pensare a eventuali altri figli dell’una o dell’altra partner, visto che verosimilmente in questi casi si parla di donne, dal momento che l’”utero in affitto” in Italia è illegale».

Anche dal punto di vista puramente di principio, il consigliere di Fratelli d’Italia esprime le proprie perplessità. «Parlando per assurdo», chiosa, «chiunque potrebbe avanzare il diritto di essere genitore intenzionale di un minore, per esempio nel caso di una donna rimasta vedova durante la gravidanza. Potrebbe intervenire un nonno, uno zio, una cara amica di famiglia, virtualmente chiunque. Il sindaco Sala, seguendo la logica della “tutela” del minore, dovrebbe accogliere tale dichiarazione, e registrarla? È evidente che la risposta sia “no”, dal momento che esistono altri istituti; esiste una normativa, che è evidentemente competenza del legislatore».

Ci si domanda se nel capoluogo lombardo l’esigenza di nuove regole in tale ambito sia così ampia da giustificare la decisione del sindaco di intervenire direttamente. «Si tratterebbe a Milano di poche centinaia di casi», spiega la Valcepina, «che si vorrebbero tutelare. Bisogna fare un distinguo, però. Con la registrazione di questi atti, non sono i figli a essere tutelati, bensì la genitorialità, o meglio la volontà e la pretesa di diventare genitori a tutti i costi. Non riesco a ravvisare, nelle parole del sindaco Sala, altro che uno spot elettorale, un do ut des in accordo con una certa categoria, che però finisce per creare discriminazione al contrario. Il rischio, molto alto, è che questo si traduca in un gioco pericoloso fatto con i diritti dei bambini; la materia è delicatissima, deve necessariamente essere oggetto della più ampia discussione democratica, non può essere gestita a suon di provvedimenti amministrativi».

Il precedente di Torino

Si tratta ora di vedere come evolverà la vicenda, a seguito delle prime registrazioni dei bambini nello Stato civile milanese, alcune delle quali come si è visto sono già state implementate.

La materia è delicata e importante; anche la città e il Comune di Torino, in primavera, erano stati al centro dell’attenzione per questioni analoghe, quando l’anagrafe cittadina aveva sospeso gli atti di registrazione su richiesta del Viminale.

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