La Equality and Human Rights Commission (EHRC), cioè la «Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani» nel Regno Unito, a quanto pare ha pestato i piedi sbagliati e immediatamente viene accusata di accogliere ingerenze esagerate da parte del governo e di avere accettato al proprio interno nomine «motivate politicamente».
È quanto riporta il quotidiano britannico The Guardian di venerdì, in un articolo che riassume brevemente una notizia che pare tutto fuorché semplice cronaca. «Una coalizione di 19 organizzazioni LGBT+ guidata da Stonewall e supportata dal Good Law Project», scrive l’articolista, «afferma che la Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani ha adottato un cambiamento “recente e significativo” sui diritti trans che le ha spinte a presentare una petizione alla Global Alliance of National Human Institutions affinché essa perda il suo “rating A”». La Stonewall (l’organizzazione attiva nelle scuole, nelle università, nelle aziende e negli enti pubblici per allargare sempre più gli spazi dell’ideologia gender imposta dall’ortodossia LGBT+) e i suoi sodali, in buona sostanza, accusano la EHRC di discriminazione nei confronti delle persone trangender e chiedono che per questo essa perda la credibilità e l’autorevolezza internazionali di cui gode attualmente.
L’EHRC, infatti, è «l’organo nazionale per la parità della Gran Bretagna ed è stata insignita dello status “A” come istituto nazionale per i diritti umani (NHRI) dalle Nazioni Unite». Il suo compito, come si legge sul sito web, «è aiutare a rendere la Gran Bretagna più equa. Lo facciamo salvaguardando e facendo rispettare le leggi che tutelano i diritti delle persone all’equità, alla dignità e al rispetto». Ma le associazioni LGBT+ non sono d’accordo.
Quali le “colpe” per cui la Commissione è incorsa nelle ire dell’ortodossia gender? «L’appello», continua l’articolo del Guardian, «fa seguito a due interventi della Commissione alla fine di gennaio, in cui essa raccomandava che il divieto proposto dal governo del Regno Unito sulle pratiche di conversione non si estendesse alle persone transessuali, e scriveva al governo scozzese chiedendo di sospendere i piani per semplificare i requisiti legali per il riconoscimento del gender, ribaltando la sua posizione precedente».
«iFamNews» si è occupato nei giorni scorsi di tali questioni, dandone una lettura ben diversa rispetto a quella della narrazione LGBT+ britannica. Ci si è soffermati, in particolare, sui rapporti intercorsi fra la Commissione e la Stonewall, l’organizzazione per i diritti transgender che l’anno scorso ha perso il contratto di consulenza con l’EHRC e i denari che ne seguivano, e a cui non basta imporre la propria presenza e la propria cappa ideologica negli ospedali del Regno, dove spadroneggia senza remore e rischia di provocare danni importanti sempre e soprattutto ai danni delle donne, le vere vittime di questa “discriminazione al contrario”.
Le accuse rivolte all’EHRC includono «[…] una “completa assenza” di autonomia finanziaria dal governo del Regno Unito e una “eccessiva” interferenza governativa, comprese nomine “politicamente motivate” alla presidenza e al consiglio».
La Commissione si difende con pacatezza, affermando attraverso un portavoce «[…] di aver preso tutte le decisioni “imparzialmente, sulla base di prove e della legge, sia nel Regno Unito che a livello internazionale”, che la sua indipendenza era “garantita per statuto” e che tutte le nomine sono state effettuate attraverso “un processo di reclutamento equo, aperto e trasparente ”».
«Il nostro mandato statutario», continua il portavoce, «e il nostro ruolo come istituzione nazionale per i diritti umani è quello di proteggere e promuovere l’uguaglianza e i diritti umani per tutti, comprese le persone trans. Laddove i diritti possono entrare in conflitto, il nostro ruolo è quello di consigliare su come trovare un equilibrio appropriato. Sosteniamo l’equità per tutti e il nostro lavoro è rigoroso e imparziale».
«Comprese» le persone trans, non «solo e soprattutto» per loro: forse è questo che alla Stonewall non è andato giù.