Legge sulla bioetica in Francia: non si spegne il dibattito

Intervista a don Maroun Badr, bioeticista, lucido analista della legge mostro

Laboratorio di analisi

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Last updated on Luglio 29th, 2021 at 02:24 am

In Francia, la loi bioéthique voluta dal presidente Emmanuel Macron, osteggiata in Senato, infine approvata dall’Assemblea nazionale il 29 giugno, non ha ancora la sua versione ufficiale. Ne esistono per ora, in attesa della stesura definitiva, cinque testi differenti, frutto di un lungo lavoro di navette, che «iFamNews» ha puntualmente riportato, e di innumerevoli emendamenti.

Ciò che comunque ne risulta, al netto di alcuni adattamenti di grande portata e in attesa di leggerne le parole definitive, è una legge importante, pregnante e purtroppo aperta a interpretazioni pericolose per chi difenda la vita e il suo valore.

«iFamNews» ha voluto occuparsene ancora una volta e ha voluto farlo insieme a don Maroun Badr, sacerdote, nato in Libano, master in Teologia, licenza canonica in Scienze religiose, docente di Teologia morale e di Bioetica, attualmente dottorando in Bioetica nella facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificium Regina Apostolorum di Roma .

Don Badr, come sa «iFamNews» si è occupata a più riprese della legge sulla bioetica appena approvata in Francia, dove lei ha vissuto a partire dal 2014 e fino a tempi recenti. L’attenzione è stata catturata in special modo dalla questione della procreazione medicalmente assistita (PMA) per tutte, comprese donne single e in coppia omosessuale.

Sì, certamente. Il tema è stato molto dibattuto a Parigi e ovunque nel Paese, non soltanto in sé, ma per le prospettive che apre. Proprio per questo le associazioni pro-life e anche la Conferenza episcopale francese (CEF) non si sono stancate di chiedere una revisione del testo di legge, e continuano a farlo. Questo crea anche molti attriti nella società e risulta fortemente divisivo. Una legge come questa a qualcuno sembra quasi imposta, una finestra di Overton che non può che portare a scenari molto molto preoccupanti.

Vuole per favore fare qualche esempio?

Il primo è quello della gestazione per altri (GPA), che è il passo immediatamente successivo alla «PMA pour toutes», se si ammette come logico fare il principio di uguaglianza fra una coppia omosessuale lesbica e una coppia omosessuale composta da due uomini. E naturalmente, di conseguenza, anche per una coppia formata da un uomo e da una donna, che per qualsivoglia motivo desiderassero ricorrere a un «utero in affitto». È importante, in questo contesto, ricordare che l’uguaglianza fa parte del motto nazionale francese ed è un principio con valore costituzionale.

Proseguendo su una tale china, cosa accadrebbe?

Beh, il passo successivo sarebbe facilmente quello dell’utero artificiale. Sappiamo tutti che esistono finanziamenti europei per la ricerca finalizzata alla creazione di strumentazioni tecnologiche che possano fare le veci del grembo materno. Attualmente esse vengono presentate come reti di salvataggio per i piccoli estremamente prematuri, che non potrebbero altrimenti sopravvivere, qualora per esempio motivi di salute della madre impedissero la continuazione della gravidanza in quella che si può definire la sua sede naturale. È una questione, un problema che si pone spesso nel campo della bioetica: una finalità apparentemente buona, proposta come tale, si rivela però una trappola che conduce a ben diversi risultati.

Rientra in questo discorso l’allungamento a 14 giorni della coltura degli embrioni in vitro, benché sia stata bocciata l’ipotesi di arrivare sino a 21 giorni, nonché la creazione di embrioni chimerici e l’industrializzazione della produzione di cellule staminali umane per i laboratori di prodotti farmaceutici.

Ci parli dei problemi connessi a tali questioni.

La problematica degli embrioni chimera è enorme. Come ho detto in un’intervista nel mese di febbraio, quando ancora ferveva il dibattito sulla legge, la scienza oggi permette di ottenere artificialmente organismi da due o più specie diverse, con diversa origine genetica, “mescolando” cellule allo stadio embrionale. Nel caso dell’uomo, si può realizzare l’embrione chimerico uomo-animale, risultante dall’iniezione in un embrione umano di cellule staminali animali, oppure l’embrione chimerico animale-umano «[…] risultante dall’inserimento in un embrione animale di cellule staminali embrionali umane (hESC), o cellule pluripotenti indotte (iPS) – cellule prelevate da un adulto e capaci di riprogrammarsi geneticamente in qualsiasi tipo di organo».

Qual è la ragione di tali operazioni, e qual è lo scopo?

Vi sono almeno cinque motivi ma il motivo principale è quelle della penuria di organi, per dirlo con una parola che forse può disturbare. Ma è la verità. Mancano gli organi umani, per la sperimentazione medica e per i trapianti. Il fine è quello di ottenerli artificialmente, possibilmente in modo standardizzato e industrializzato. Anche questo è uno dei casi in cui un fine apparentemente buono, salvare vite umane, nasconde mezzi peggio che discutibili.

Ciò solleva infatti problemi etici impegnativi…

Indubbiamente, e il fine non giustifica i mezzi. I problemi di natura etica possono essere suddivisi in due categorie generali. La prima riguarda lo stato giuridico dell’embrione. Lo stato dell’embrione umano non è già definito o chiaro nella legge francese: a volte è considerato una persona giuridica, a talune condizioni, a volte come una cosa, oggetto di diritto. Quale sarebbe allora lo stato giuridico dell’embrione chimerico? E lo stato morale?

La seconda categoria riguarda i rischi che questi embrioni chimerici possono comportare. Essi sono essenzialmente tre. Li accennerò brevemente, senza farne un’intera lezione, anche se ci sarebbe da parlarne per giorni. Il primo è la zoonosi, cioè lo sviluppo potenziale di malattie infettive o virali che possano scatenare scenari pandemici. Il secondo è l’ipotesi del sorgere di coscienza umana nell’embrione chimerico, con gli ovvii scrupoli di natura morale che ciò comporterebbe. L’ultimo è lo sviluppo di una morfologia umana nell’animale, tema ugualmente foriero di dilemmi etici enormi.

In conclusione, esiste a suo avviso un fil rouge che leghi tutti questi argomenti in un unico contesto?

Sono dell’avviso che un nesso vi sia in tutte queste sfaccettature della legge. Il nesso è costituito dalla legittimazione a ogni costo del desiderio. Per esempio, se ogni desiderio è legittimo, anche il bambino, il figlio, diventa un oggetto, che io voglio e quindi ottengo con ogni mezzo. Un oggetto di consumo. Assistiamo in poche parole alla «reificazione» della persona umana, per cui si arriva diritti alla possibilità di abortire, magari anche a ridosso della data del parto, perché se una cosa mi appartiene e magari risulta nei fatti men che perfetta allora è legittimo anche buttarla via.

E invece no, invece è un essere umano, ancorché eventualmente imperfetto. Occorre difendere gli embrioni, difendere i feti, gli esseri più inermi, che non possono difendersi da soli.

Alla realizzazione dell’intervista ha collaborato Francesco Maria Civili.

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