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La UE colpisce Ungheria e Polonia perché combattono le bugie

L’una per la legge a tutela dei minori e l’altra per la fake news delle zone «LGBT+ free». Prendiamo nota. Siamo solo agli inizi

Marco Respinti di Marco Respinti
16/07/2021
in Editoriali, Politica
229
Reading Time: 3 mins read
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Verità
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Last updated on Luglio 29th, 2021 at 02:24 am

L’Unione Europea ha avviato, ieri, una procedura d’infrazione contro l’Ungheria e contro la Polonia. Lo ha fatto per il «mancato rispetto dei diritti LGBT+». È un reato, cioè, è già un reato, è persino un reato internazionale, di portata europea, sostenere la verità e opporsi alle menzogne. Probabilmente i cacciatori di fake news e di post-verità sono in ferie. Ungheria e Polonia hanno infatti ragione da vendere a non rispettare i «diritti LGBT+» giacché i «diritti LGBT+» non esistono. Esistono i diritti delle persone, intrinseci e inerenti la loro natura, prima ancora di sapere chi quelle persone siano, cosa facciano, cosa pensino, come vivano, cosa scelgano, e così via.

Non viviamo forse – e giustamente – nel mondo che si scandalizza quando i diritti umani vengono calpestati, che si batte ­ – e correttamente – affinché i diritti umani vengano garantiti sempre o comunque, che pretende – e sacrosantamente – che gli esseri umani non vengano suddivisi in razze, categorie, serie A o B o C, distinti per credo, religione e «orientamento sessuale», discriminati perché neri, gialli, bianchi, rossi, con gli occhi a mandorla e se portatori di handicap?

Non abitiamo forse il mondo che pretende che gli uomini siano tutti uguali e considerati eguali in quanto uomini e proprio poiché uomini?

E allora perché si pretende di derogare alla difesa e alla tutela dei diritti della persona umana in quanto tale per inventare che sarebbe bisognosa di tutela una costruzione culturale, una ideologia, foss’anche una inclinazione personale, magari anche solo – terribile – una funzione sessuale? Qualcuno crede infatti che la persona, qualsiasi persona umana sia riducibile a una razza, a un colore della pelle, a una caratteristica fisica, a una menomazione, a un orientamento, a un gusto, a una voglia o – sempre più terribile – a una funzione sessuale?

Nessuno dotato di buonsenso riterrebbe che il sottoscritto sia meritevole di tutela internazionale, comminando il cartellino giallo o rosso a chi mancasse di rispetto, perché entusiasta di Gandalf o di Batman o di Asterix. Nelle mie prerogative di essere umano, cioè di persona, vi sono dei diritti intrinseci e intangibili, primo di tutti la vita (perché senza quella il resto nemmeno esiste), quindi la libertà religiosa (che è il primo diritto umano politico, visto che da come una persona regola la propria esistenza ab ovo discende e deriva il resto della sua vita psichica, sociale, culturale, politica), in terzo luogo la proprietà (affinché la libertà abbia chance concrete di espressione). Il mio diritto di non essere discriminato se i libri di Emilio Salgari mi conquistano sta dentro qui o non sta affatto. Pretendere di essere tutelato per quel mio gusto, orientamento o cultura, e non in quella libertà che, connotandomi in quanto persona, è lo strumento affinché la verità trovi spazio, sarebbe così ridicolo che nessuno mi darebbe retta.

Tutelare i «diritti LGBT+» è cioè una corbelleria rotonda, perché LGBT+ o eterosessuale, una persona gode di diritti che prescindono – benedettamente – dalle sue specificità, che addirittura vengono ontologicamente (e anche cronologicamente) prima. Se fossi, e non sono, LGBT+, mi sentirei male se qualcuno mi inquadrasse e quindi pretendesse di tutelarmi in base a mie scelte e orientamenti personali, o gusti e inclinazioni, o cultura e ideologia, ma non in quanto persona, e questo per il motivo semplice che sentirei del tutto posticcia la difesa di una fattispecie singola, che la buona filosofia definirebbe accidens, e non per l’essenza ontologica che mi fa persona umana. Budapest viene ora presa di mira dall’Unione Europea per avere varato una legge che difende i minori contro qualsiasi aggressione sul piano culturale e fisico, quindi, se contro qualsiasi aggressione, evidentemente anche contro le aggressioni eventualmente omosessuali, e Varsavia per la questione farlocca delle zone «LGBT+ free». In entrambi i casi – come dicevo d’esordio – la UE colpisce due Stati membri perché si battono contro la menzogna. Prendiamo tutti nota con cura, giacché siamo solo agli inizi.

Image source: Think, photo by Nick Youngson from Thebluediamond, licensed by CC by SA 3.0

Tags: PoloniaUngheriaUnione EuropeaVetrina
Marco Respinti

Marco Respinti

Marco Respinti è stato il direttore di International Family News fino alla fine del 2022.Italiano, è giornalista professionista, membro dell’International Federation of Journalists (IFJ), saggista, traduttore e conferenziere. Ha collaborato e collabora con diversi quotidiani e periodici, sia in versione cartacea sia online, in Italia e all’estero. Autore di libri, ha tradotto e/o curato opere di, fra gli altri, Edmund Burke, Charles Dickens, T.S. Eliot, Russell Kirk, J.R.R. Tolkien, Régine Pernoud e Gustave Thibon. Senior Fellow al Russell Kirk Center for Cultural Renewal (Mecosta, Michigan), è anche socio fondatore e membro del Consiglio Direttivo del Center for European Renewal (L’Aia, Paesi Bassi). Membro del Comitato editoriale del periodico The European Conservative e del Consiglio Consultivo della European Federation for Freedom of Belief, è direttore responsabile del periodico accademico The Journal of CESNUR e, sul web, di Bitter Winter: A Magazine on Religious Liberty and Human Rights.

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