Last updated on Ottobre 1st, 2021 at 04:50 am
È di un paio di settimane fa la notizia riguardante la clinica Tavistock, famosa nel Regno Unito per essere la paladina della transizione di genere formato adolescente, e la vittoria giudiziaria che ha spuntato in appello in relazione al caso Keira Bell. La vicenda è nota, e «iFamNews» se ne è occupata più volte e in maniera approfondita.
Ciò che risulta particolarmente significativo nella questione, soprattutto, e che fa suonare un campanello d’allarme, è la frequenza notevole con cui pare che ultimamente giovani e adolescenti, soprattutto ragazze, si sentano talmente a disagio nel proprio corpo da desiderare addirittura di diventare qualcun altro. Ma non si identificano con la star o la starlette di turno, come sempre accaduto e spesso accade, magari tristemente, bensì proprio con un altro corpo, o meglio un corpo altro, del tutto diverso. Il corpo di un maschio. O qualcosa che vi rassomigli. Sino a sottoporsi a trattamenti medici e chirurgici estenuanti: bombardamenti di ormoni, mastectomie, costruzione di membri artificiali.
Questo, almeno, è quanto raccontano i media, il mondo della pubblicità, il cinema. È difficile affermare se sia realtà o piuttosto un meccanismo indotto in qualche modo dalla pressione appunto mediatica, che proprio sul target degli e delle adolescenti fa leva in maniera spinta e spregiudicata. Per vendere, certo, proprio come sempre.
E non importa quanto tutto ciò faccia male alla salute, sia fisica sia psichica. Né importa, a quanto pare, che anche i media mainstream raccontino il dolore e la fatica del ripensamento, con il calvario che affronta chi decidesse di tornare sui propri passi, perché sì, come Keira Bell, comprende di aver intrapreso una strada sbagliata.
In passato anche «iFamNews» ha segnalato con preoccupazione la “moda” della transizione di genere, motivando un giudizio a prima vista forse impietoso con dati e numeri alla mano. In particolare, «[…] uno studio durato otto anni, condotto nel Regno Unito e in Australia su 5mila giovanissimi transgender e due cliniche specializzate negli interventi di “cambio di sesso” in età pediatrica, ha evidenziato una correlazione stretta fra la comparsa sui media di argomenti, storie e personaggi transgender e il numero di giovani pazienti che nelle due settimane successive si siano rivolti alle due strutture ospedaliere».
È di oggi la notizia, comparsa su un sito web dedicato al mondo della scuola, per i docenti ma anche per le famiglie, di un insegnante di latino e greco di Ivrea, in Piemonte, che, dopo 25 anni di insegnamento, all’apertura delle scuole ha iniziato l’hanno scolastico vestendo panni nuovi: prima indossava quelli da uomo (non a caso, si è scritto “un” insegnante), ora invece quelli da donna. «Ha iniziato l’anno scolastico con la sua nuova identità di genere», scrive il sito, aggiungendo che «[…] i ragazzi hanno capito».
Fatta salva la libertà di chiunque di abbigliarsi come meglio crede, nonché di frequentare (consensualmente) chi desideri, resta un interrogativo di fondo: se è vero che gli insegnanti debbano rappresentare per i giovani un modello e un esempio (lo dice il docente stesso, del resto), è corretto che la scuola proponga modelli tanto netti e tanto orientati in un’unica direzione?