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La Maturità 2022 allo stato dell’arte

Due prove scritte, un colloquio orale, commissione interna, punteggio diviso a metà fra l’esame e i crediti del triennio

iFamNews Italia di iFamNews Italia
14/02/2022
in Cultura, In evidenza
70
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«Stop agli scritti per gli esami di maturità 2022» è il titolo della petizione online, rivolta al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, promossa sulla piattaforma Change.org da «studente maturando», che specifica nell’oggetto «Desideriamo l’abolizione delle prove scritte all’esame di maturità 2022».

«Noi studendi (sic) maturandi chiediamo l’eliminazione delle prove scritte agli esami di maturità 2022», recita il testo, «poiché troviamo ingiusto e infruttuoso andare a sostenere degli esami scritti in quanto pleonastici, i professori curricolari nei cinque anni trascorsi, hanno avuto modo di toccare con mano e saggiare le nostre capacità. Inoltre abbiamo passato terzo e quarto anno in DAD, penalizzandoci (sic), distruggendo parte delle nostre basi che ci sarebbero dovute servire per gli esami. L’ulteriore stress di esami scritti remerebbe contro un fruttuoso orale indispensabile come primo passo verso l’età adulta. Sicuri di un suo positivo riscontro le porgiamo i più cordiali saluti». 

Alle 6.30 di questa mattina, la petizione aveva raggiunto 113.864 delle 150mila auspicate, per risultare incisivi agli occhi del ministro, ma anche per posizionarsi «tra le prime 50 nella storia di Change.org in Italia».

La questione è nota: dopo due anni segnati dalla pandemia da CoVid-19, in cui nel nostro Paese gli esami di maturità a conclusione degli studi superiori sono stati gestiti, e vissuti, in condizioni di emergenza, cercando faticosamente di salvare il salvabile per rispettare sia il disagio degli studenti sia un minimo di significato per una prova che riveste comunque valore di ufficialità, la “maturità 2022” si avvia allo svolgimento fra molte polemiche. E comunque, all’alba del 15 febbraio, a meno di quattro mesi dal termine dell’anno scolastico, ancora presenta qualche incertezza.

Patrizio Bianchi è stato scelto dal premier Mario Draghi come ministro dell’Istruzione un anno fa, il 12 febbraio 2021. In precedenza aveva coordinato la task force ministeriale formata dal ministro precedente, Lucia Azzolina, per gestire la ripartenza dell’anno scolastico 2020-2021, dopo lo tsunami coronavirus iniziato in febbraio e il pesante lockdown che ne è seguito, con gli alunni a casa in didattica a distanza, la famigerata DAD, e le scuole chiuse sino a giugno.

Come obiettivo del proprio mandato ministeriale, Bianchi ha posto il ritorno della didattica in presenza per l’anno scolastico 2021-2022, limitando sempre più la DAD fino quasi ai soli casi di positività al virus, e la situazione con conseguente normativa è ancora in divenire.

Soprattutto, il ministro auspica un ritorno alla normalità, o a quello che qualcuno definisce una «nuova normalità», e per l’anno scolastico 2021-2022 ha stabilito che l’esame preveda due prove scritte, una di italiano comune a tutti e una più specifica e legata all’indirizzo del corso di studi, e una prova orale. Sono proprio le due prove scritte ciò che gli studenti in larga parte contestano, anche con proteste di piazza, sottolineando come gli ultimi anni di scuola siano stati frammentari e complessi, nonostante tanti sforzi degli insegnanti e delle famiglie per garantire per quanto possibile i contenuti e l’efficacia dello studio.

Quello che i ragazzi sono riusciti a ottenere, dopo l’incontro del ministro con le Consulte studentesche, martedì scorso, è una diversa attribuzione dei “pesi” nella valutazione: se inizialmente si pensava di attribuire 40 punti su 100 al percorso del triennio di scuola e 60 all’esame finale, negli ultimi giorni si è giunti a distribuire il punteggio alla pari, 50% al triennio e 50% all’esame.

Le ordinanze sugli esami di Stato del I e II ciclo di istruzione, quindi, sono state trasmesse ai presidenti di Camera e Senato per l’acquisizione del parere da parte delle Commissioni parlamentari, così come previsto dalla Legge di bilancio 2022.

Salvo novità, per il momento si attende il 15 maggio, data entro la quale ciascun consiglio di classe dovrà elaborare «ai sensi dell’art. 17, comma 1, del d. lgs. 62/2017, un documento che esplicita i contenuti, i metodi, i mezzi, gli spazi e i tempi del percorso formativo, i criteri, gli strumenti di valutazione adottati e gli obiettivi raggiunti, nonché ogni altro elemento che lo stesso consiglio di classe ritenga utile e significativo ai fini dello svolgimento dell’esame. […] Al documento possono essere allegati atti e certificazioni relativi alle prove effettuate e alle iniziative realizzate durante l’anno in preparazione dell’esame di Stato, ai PCTO, agli stage e ai tirocini eventualmente effettuati, alle attività, ai percorsi e ai progetti svolti nell’ambito del previgente insegnamento di Cittadinanza e Costituzione e dell’insegnamento di Educazione civica riferito agli aa.ss. 2020/2021 e 2021/2022, nonché alla partecipazione studentesca ai sensi dello Statuto».

Tale documento sarà pubblicato all’albo online dell’istituzione scolastica e per lo svolgimento del colloquio prova d’esame la commissione di valutazione si atterrà ai suoi contenuti. Il documento sarà ugualmente la base per l’elaborazione della seconda prova scritta, che sarà predisposta a livello di istituto e non di singola classe, dai docenti titolari della materia.

Questo lo stato dell’arte a oggi. Gli studenti sono contrari all’inserimento delle prove scritte e più o meno debolmente protestano. Il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI), pur approvando la reintroduzione dello scritto di italiano, ha dato parere negativo, benché non vincolante per il ministero della Pubblica Istruzione (MIUR), all’impianto che include anche la prova di indirizzo, cioè la seconda prova scritta.

Il portale specializzato Skuola.net ha analizzato un sondaggio condotto da La Tecnica della Scuola, testata di riferimento per docenti e personale scolastico, e ha registrato anche il parere dei genitori e dei presidi, negativo per il 63% dei primi e per il 59% dei dirigenti scolastici.

Diverso il giudizio degli insegnanti: «Numeri alla mano», riporta il sito web di Sky TG24, «si è detto favorevole alle prove scritte oltre il 63% dei docenti; anche se un buon 36% degli insegnanti preferirebbe una prova più semplice, come quella che comprendeva l’elaborato negli ultimi due anni. Il sondaggio della Tecnica della Scuola ha così evidenziato anche il fatto che i professori non siano del tutto compatti. Infatti, anche se la maggioranza sostiene la necessità per i ragazzi di affrontare degli ostacoli, in questo caso gli scritti, come una “palestra di vita” (così motiva la sua opinione il 57% di loro), una buona fetta invece si sofferma sulle oggettive difficoltà vissute dagli studenti durante la pandemia».

Non resta ora che attendere come si svilupperanno gli eventi.

Tags: Scuola
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Articoli pubblicati dalla redazione italiana di iFamNews.

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