Dopo la Gran Bretagna e la Francia, pure nei Paesi scandinavi il vento in parte è cambiato. Anche in Svezia, per esempio, l’ortodossia transgender dell’ideologia di genere inizia a mostrare le rughe.
Nel 2018, sotto la pressione degli attivisti LGBT+, il governo socialdemocratico svedese ha presentato una legge che elimina la necessità del consenso dei genitori per i pazienti minorenni cui fosse diagnosticata la cosiddetta disforia di genere e che desiderassero sottoporsi a interventi chirurgici per portare a termine il percorso di «transizione». Ragazzine di 16 anni, insomma, tanto per fare un esempio, confuse rispetto alla propria identità sessuale, avrebbero potuto richiedere una doppia mastectomia senza che i genitori potessero opporsi. Salvo poi pentirsene per sempre, senza poter tornare indietro. Proprio come Keira Bell.
L’influenza nefasta del transgenderismo
Nel 2020, il Board of Health and Welfare svedese ha registrato un aumento del 1500% fra il 2008 e il 2018 nelle diagnosi di disforia di genere tra le adolescenti di età compresa tra 13 e 17 anni. Proprio come scrive per gli Stati Uniti d’America l’autrice Abigail Shrier in Irreversible Damage: The Transgender Craze Seducing Our Daughters («Il danno irreversibile: la moda transgender che seduce le nostre figlie»), anche in Svezia l’onda dell’ortodossia LGBT+ travolge le persone più fragili. Secondo un articolo del quotidiano britannico The Guardian, il picco dei numeri rifletterebbe un cambiamento nell’opinione pubblica sul transgenderismo, sollecitato dal diffondersi dell’ideologia trans, che ha portato genitori e medici a diventare più “aperti” e possibilisti nel consentire ai giovani di sottoporsi a interventi chirurgici di «riassegnazione di genere». E siccome, si sa, i ragazzi son ragazzi e dato un dito si prendono il braccio, ora questo consenso neppure serve più.
Una battuta d’arresto
Il cammino verso la “normalizzazione” ha però subito una battuta d’arresto nel maggio 2021, quando la Society for Evidence Based Gender Medicine (SEGM), un gruppo internazionale che conta più di 100 membri fra personale medico e ricercatori, con l’obiettivo di «promuovere un’assistenza sanitaria sicura, compassionevole, etica e basata sull’evidenza per bambini, adolescenti e giovani adulti con disforia di genere», ha riferito che il Karolinska Hospital di Stoccolma, uno degli ospedali universitari più prestigiosi del mondo, sta cambiando il suo approccio alla disforia.
Di tale cambiamento nell’approccio racconta, citando la SEGM, Jonathon Van Maren, autore e redattore di The European Conservative, trimestrale di filosofia, politica e arte, che «iFamNews» ha già nominato per quanto riguarda questo tema in Gran Bretagna e in Francia.
«Questa politica, che interessa i servizi di genere in ambito pediatrico del Karolinska nell’Astrid Lindgren Children’s Hospital (ALB), ha posto fine alla pratica di prescrivere bloccanti della pubertà e ormoni sessuali incrociati a pazienti con disforia di genere di età inferiore ai 18 anni» afferma la SEGM, che continua: «Questo momento rappresenta uno spartiacque, poiché uno degli ospedali più rinomati del mondo definisce sperimentale il “protocollo olandese” e ne interrompe l’uso di routine, al di fuori dei contesti di ricerca».
Secondo tale protocollo, «[…] che ha guadagnato popolarità negli ultimi anni, i minori disforici vengono trattati con bloccanti della pubertà all’età di 12 anni (e, in alcune interpretazioni, già una volta raggiunta la fase 2 della pubertà di Tanner, che nelle femmine può verificarsi all’età di 8 anni), e con ormoni sessuali incrociati all’età di 16 anni. Questo approccio, noto anche come “affermazione” medica, è stato approvato dalle linee guida WPATH “Standards of Care 7“».
La politica del Karolinska Hospital entrata in vigore nel maggio 2021 suggerisce cautela estrema e stabilisce che «[…] gli interventi ormonali (blocco della pubertà e ormone sessuale incrociato) per i minori disforici possono essere forniti solo in un contesto di ricerca, approvato dal comitato di revisione etica svedese. […] deve essere condotta un’attenta valutazione del livello di maturità del paziente, per determinare se esso sia in grado di prestare un consenso informato significativo. È inoltre necessario che i pazienti e i loro tutori ricevano un’adeguata informazione a proposito dei rischi e delle incertezze di questo percorso terapeutico».
Nonostante la portata della notizia, «la stampa internazionale ancora una volta ha quasi completamente ignorato tale sviluppo, con ogni probabilità perché si tratta di una significativa crepa nella narrativa che è stata promossa quasi universalmente ormai da diversi anni», continua Van Maren. «Il mantra dei media ha finora affermato che se ai bambini non viene somministrato un “intervento chirurgico di affermazione del genere”, essi si suicidano. Ora, alcuni dei più prestigiosi esperti in Europa iniziano a rifiutare questo concetto».
In Finlandia
L’autore riporta anche il caso della Finlandia, dove «[…] le linee guida mediche […] distinguono tra disforia di genere infantile a esordio precoce e a esordio adolescenziale, riconoscendo che una certa confusione o esplorazione di genere può essere una parte naturale della crescita e vietando quasi del tutto l’intervento medico fino a quando non vi sia “lo sviluppo dell’identità e della personalità stabile.” Nel frattempo, la psicoterapia è consigliata per la disforia di genere e gli interventi chirurgici sono vietati ai minori di 18 anni».
Nient’altro che semplice buonsenso.