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In Irlanda avanza l’eutanasia, ma guai a parlarne

Sull’Isola verde si cerca un modo per legalizzare eutanasia e suicidio assistito senz’alcun dibattito parlamentare

Simone Fausti di Simone Fausti
18/10/2020
in Politica
269
Reading Time: 3 mins read
0
Image by Alejandro Luengo from Pixabay

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Last updated on Ottobre 25th, 2020 at 03:29 am

In Irlanda avanza quella che, senza troppi eufemismi, è una vera “agenda di morte”. Dopo la legalizzazione dell’aborto nel 2018, ora è arrivato il momento di malati e anziani. All’Oireachtas, il parlamento di Dublino, è giunta una proposta di legge, Die with Dignity, «Morire con dignità», il cui obiettivo è legalizzare l’eutanasia e il suicidio assistito per tutti i maggiorenni che soffrono di malattie terminali e lo richiedano espressamente. La proposta sembra avere il supporto dei principali partiti dell’isola.

Quando la politica si occupa direttamente della vita, o meglio, in questo caso della morte delle persone, è bene che ci sia un ampio dibattito pubblico soprattutto nel luogo principe delle democrazie liberali, il parlamento. Peccato però che, al momento delle discussioni parlamentari, siano stati ascoltati solo i favorevoli alla legge. Come è potuto accadere? Il fatto è che tutti gli slot per poter intervenire erano stati occupati unicamente da chi benediceva il progetto di legge ben prima che questo giungesse alla Camera. Un fatto che non ha precedenti.

Verso la fine del finto dibattito, dal momento che tutte le opinioni espresse erano dello stesso tenore, è stato chiesto di aggiungere venti minuti, così da poter generare un vero confronto ed evitare che la proposta passasse allo step successivo. Il presidente della Camera, o Ceann Comhairle, Seán Ó Fearghaíl, si è tuttavia rifiutato di fare questa concessione e alla fine solo un deputato indipendente, Peter Fitzpatrick, ha potuto far sentire la propria voce contraria, parlando per quattro minuti.   

Ma non è finita qui. Una legge che comporta un ribaltamento delle fondamenta morali ed etiche del Paese, oltre che sovvertire le basi della professione medica, richiederebbe una certa ponderazione. Per questo motivo il ministro della Giustizia, Helen McEntee, ha proposto di interrompere il normale iter legislativo per inviare la proposta a una Commissione speciale che la esaminasse approfonditamente e riferisse l’esito della sua analisi entro dodici mesi.

Ma i “diritti di morte” sono per natura contrari a qualsiasi approfondimento di coscienza e per diventare legge hanno bisogno di farlo nella maniera più spedita e surrettizia possibile. Per questo motivo la contro-proposta del governo di chiedere un consulto a una Commissione speciale è stata bocciata, 86 voti contro 65, e dunque la proposta di legge prosegue verso il consueto scrutinio pre-legislativo senza né alcuna analisi approfondita né alcun dibattito pubblico.

Sebbene il promotore della legge, il deputato Gino Kenny, ritenga che la maggior parte della popolazione sia a favore del provvedimento (e questo basterebbe per legalizzare eutanasia e suicidio assistito) non tutti la pensano come la presunta maggioranza. Oltre alla protesta dei vescovi cattolici del Paese, per i quali l’eutanasia è contraria all’impostazione etica stessa del sistema sanitario, un gruppo di medici facenti parte dell’Associazione irlandese degli specialisti di medicina palliativa (IPMCA), ha inviato una lettera al quotidiano Irish Examiner invitando i deputati a votare contro la proposta giacché «preoccupati del fatto che le persone più vulnerabili possano percepirsi come un peso per le proprie famiglie e dunque subire pressioni per porre prematuramente fine alle proprie vite». Altro che scelta libera.

Diversamente da vent’anni fa, gli Stati che decidano di vagliare la possibilità di legalizzare pratiche eutanasiche possono oggi guardare all’esperienza pluriennale di alcuni Paesi “apripista”. In Canada per esempio, dove l’eutanasia è legale dal 2016, tra il 2017 e il 2019 il numero di persone uccise con questa pratica è quasi duplicato e il 92% delle richieste sono state approvate.

Inoltre una ricerca ha scoperto che oltre un terzo degli intervistati ha detto di non voler essere di peso per familiari e amici, e per ciò di pensare all’eutanasia, laddove soltanto il 53% di loro indica nell’insopportabilità del dolore la ragione sufficiente a darsi la morte.

Tags: Eutanasia
Simone Fausti

Simone Fausti

Simone Fausti, monzese, è laureato in Scienze Politiche e Sociali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e specializzato in Relazioni Internazionali. Collabora con diverse testate locali (Il Giornale di Monza, Bresciaoggi) e online (Youtrend). Lo appassiona la lettura di G.K. Chesterton e di Raymond Carver.

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