Il card. Müller: «cancel culture» delirio disumano

Nostra intervista esclusiva al cardinal Gerhard Ludwig Müller, prefetto emerito della Congregazione per la dottrina della fede

Cardinale Müller/Foto: Don Elvir Tabaković, Can.Reg

Last updated on Dicembre 19th, 2021 at 05:39 am

Il Papa definisce l’aborto «omicidio» e «sicari» coloro che lo praticano. Sono le parole più taglienti mai usate dal magistero pontificio in materia. La materia riguarda la morale e queste parole sono state ripetute dal Papa più volte. È dunque in gioco l’infallibilità?

L’uccisione di un bambino nel grembo materno è già stata definita omicidio. Il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) ha parlato di crimine abominevole. La sorprendente chiarezza con cui Papa Francesco chiama con il nome che ha questa crudeltà disumana verso un essere umano vivo all’inizio della propria esistenza corporea dovrebbe ribaltare completamente i politici e gli ideologi che usano l’aborto come strumento per sostenere ipotesi ambientaliste e di sovrappopolazione.

Ben note sono le parole con cui il Papa emerito, Benedetto XVI, ha denunciato la «dittatura del relativismo» a partire dal 2005. Valgono ancora per la società di oggi, diversi anni dopo?

La cosiddetta «cancel culture», con il suo delirio di controllo assoluto sul pensiero, sulle parole e sull’agire di ogni singola persona senz’alcuna eccezione, è, dopo tutto, solo la realizzazione antiumana della dittatura del relativismo. Ma il voler rendere relativo l’orientamento alla verità della mente creata prelude solo a un totalitarismo globalista marcato della volontà di potenza. Nel suo abisso si annida il nichilismo inteso come madre di tutte quelle barbarie che dell’uomo forgiano una rappresentazione anticristiana costruita sulla negazione del suo essere fatto a somiglianza di Dio. Il fascismo e il comunismo sovietico non sono reliquie di una visione del mondo preistorica, bensì prodotti di un umanesimo senza Dio e forieri dell’inferno del transumanesimo, cioè di un umanesimo privo di Dio che mira a generare esseri umani senz’anima, meri prodotti tecnici che funzionano perfettamente ma non pensano, non sentono, non sperano e non amano.

Qual è il ruolo della Chiesa Cattolica nella guerra culturale oggi in corso? In che modo può la Chiesa schierarsi efficacemente con chi ‒ politici inclusi ‒ combatte la buona battaglia senza però farsi intrappolare nella dialettica e nella retorica della politica?

Bisogna rifuggire la trappola dello schema conservatore/progressista. L’uomo non può che progredire, giacché il suo sguardo è fisso in avanti. Ma è sua la decisione in merito alla direzione da prendere nell’andare avanti. Dio è l’origine, lo scopo e il fine di tutto l’essere creato. Il Figlio di Dio ha rivelato il mistero della propria persona in cui divinità e umanità sono unite, dicendo: «Io sono la via, la verità e la vita» (Gv 14, 6). Dove c’è Cristo, c’è progresso nella direzione giusta. L’uomo più moderno è Cristo. La novità assoluta che Cristo ha portato non può infatti essere superata. L’uomo che percorre il cammino della propria vita con Lui è l’uomo più moderno, perché, attraverso il battesimo nel Suo nome, il Figlio che viene dal Padre e che è Unto dallo Spirito Santo, siamo diventati tutti creature nuove che non potranno mai diventare obsolete ed essere superate. Possiamo al massimo rimanere indietro ed essere raggiunti dalla morte eterna, la morte fredda che colpisce l’amore attraverso il peccato.

Che importanza dà alla famiglia intesa come istituzione centrale della società?

Il matrimonio fra un uomo e una donna è espressione dell’amorevole volontà creativa di Dio. Con la procreazione, la gravidanza, la nascita e l’educazione dei figli, i genitori partecipano creativamente alla volontà di salvezza divina per questi figli e queste figlie di Dio amati dall’eternità, testimoniando così la bontà della creazione e la vocazione di ogni essere umano alla vita eterna, che però ogni singola persona deve accettare con libero arbitrio.

Ciò che sostituisce l’antropologia e la visione del mondo giudeo-cristiana una volta che esse vengano rimosse dalla società sono misure sempre più totalitarie. È d’accordo? E se sì, perché? Come si può fermare questo processo?

Non è un processo naturale. La rovina prodotta dall’ateismo moderno è il risultato degli errori compiuti in filosofia e in teologia. Con la diffusione del cristianesimo, il paganesimo è stato superato dalla connessione con la ricerca della verità delle grandi filosofie dell’antichità attraverso l’intuizione superna del Logos del Dio personale, che si è rivelato nella storia di Israele e infine nella sua Parola, in Gesù Cristo. Non si deve dunque guardare fatalisticamente la scristianizzazione della coscienza sociale come il coniglio incantato davanti al serpente.

Dipende cioè dalla forza della nostra fede e dalla potenza del logos teologico se la testimonianza della Chiesa apostolica e dei singoli cristiani ha potere di convincimento. Anche come gregge numericamente piccolo, noi in Cristo siamo segni e strumenti della volontà universale di salvezza di Dio, che vuole che tutti gli uomini siano benedetti e arrivino alla conoscenza della verità (cfr. 1 Tim 2, 4). La luce di Cristo ha brillato nelle tenebre della lontananza da Dio e non è una luce tra altre luci. Chiediamo allora la grazia affinché tutti riconoscano Cristo come luce del mondo e rispondano così alla propria chiamata divina. Perché lo scopo della vita è che ci vediamo come figli di Dio e che diventiamo amici di Dio nello Spirito Santo.

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