Dare una chance alla vita, paga sempre, da ogni punto di vista. Anche quando sembra bussare inesorabilmente alla porta, la morte può essere vinta. L’exploit degli screening prenatali ha avuto tra i risultati la triste impennata degli aborti. Non tutti i genitori, però, seguono questa opzione. C’è chi ha scelto, non senza sofferenza, di far nascere i propri figli e non se n’è affatto pentito. In certi casi, questa decisione ha portato il «centuplo quaggiù», producendo un effetto domino che ha contribuito a salvare decine di altre piccole vite.
Così è stato per la piccola Agnese Benedetta, oggi sedicenne e in ottima salute. Prima ancora di venire al mondo, la sua esistenza era apparsa come un’altissima e impervia montagna da scalare. Al quarto mese di gestazione, nell’ecografia di routine, a Benedetta fu riscontrata una gravissima malformazione. Lo stomaco, l’intestino, la milza e parte del fegato risultavano spostati nel torace, per l’esattezza al posto del polmone sinistro. Di conseguenza, il cuore si era spostato a destra. Una diagnosi che non lasciava scampo. A riguardo, la letteratura scientifica era molto esigua e i pochi studi esistenti erano tutti in inglese.
Da una serie di ricerche, assieme ai medici, il papà Gianluca e la mamma Sabrina scoprirono che si trattava di ernia diaframmatica, una sindrome curabile ma con scarse possibilità di sopravvivenza. La patologia consiste nell’assenza del diaframma, che divide addome e torace, tra i quali nei primi tre mesi di gestazione sussiste una comunicazione fisiologica. Con il risultato che parte del contenuto addominale tende a risalire verso la cavità toracica, andando a comprimere i polmoni, compromettendone la funzionalità. Tale patologia non è quasi mai ereditaria e ne rimangono ignote le reali cause.
La paura che si trasforma in amore
A metà dell’estate 2005, i genitori di Benedetta si trovarono di fronte al bivio più drammatico della loro vita. Qualcuno tra gli amici suggerì loro di “non far soffrire” la bambina: farla nascere, in quest’ottica, era percepito come un atto di egoismo o, quantomeno, di incoscienza. Gianluca e Sabrina, comunque, non ebbero mai dubbi sul dare alla luce quella figlia così sfortunata. Per il resto, quella storia presentava soltanto incognite: con quale spirito affrontare uno scoglio così grande? Una volta nata, Benedetta che vita avrebbe vissuto? Quanti anni o mesi poteva sopravvivere?
Un carico di angosce troppo grandi, almeno in apparenza. Don Maurizio, un amico sacerdote della coppia, aveva detto a Gianluca: «Stai tranquillo, la tua paura ogni giorno che passa, si trasformerà in amore. E tanto più grande è la tua paura oggi, tanto più grande sarà il tuo amore verso questa figlia». E Gianluca che, fino a quel momento della sua vita, era sempre fuggito dalle croci, seppe accogliere quel consiglio: «Non dovevo quindi vergognarmi della mia paura, ma dovevo trovare la forza e il coraggio per abbracciarla. Da allora la nostra vita è cambiata», dichiarò il papà di Benedetta, intervistato dal portale d’informazione Zenit nel 2007.
La bambina nacque il 21 novembre 2005 nell’ospedale Bambino Gesù di Roma. Portata subito in terapia intensiva neonatale, fu sottoposta dopo alcuni giorni ad un intervento chirurgico ad altissimo rischio. Gli organi da rimettere al loro posto erano più d’uno, pertanto l’operazione durò molto a lungo. Per il padre, poter vedere la bambina e tenerle la manina poco dopo l’intervento, fu un’esperienza catartica. L’intervento era andato bene ma non si sapeva affatto come Benedetta avrebbe reagito nei mesi e negli anni a venire.
Un dono da offrire a migliaia di famiglie
Per i suoi genitori, quella seconda figlia portò un cambiamento di vita senza precedenti. Grazie a molte cure e controlli periodici, Benedetta è riuscita ad avere una vita normale, lasciando stupefatti i suoi stessi pediatri. Il suo temperamento forte e la sua indole vivace hanno fatto la differenza. Intanto, la sorella maggiore Livia, oggi ventenne, ha intrapreso gli studi in medicina, ispirata proprio dall’eccezionalità della propria vicenda familiare.
Gianluca e Sabrina non hanno voluto tenere per sé il tesoro inestimabile guadagnato con questa straordinaria esperienza di vita. Hanno così dato vita all’associazione Famiglie di Bambini con Ernia Diaframmatica (FABED), con scopo informativo, medico e di mutuo soccorso. Ogni anno, l’associazione raduna decine di famiglie da tutta Italia, offrendo una condivisione di testimonianze, con uno sguardo sulle prospettive di cura della patologia.
A parecchi bambini è stata salvata la vita e oggi, come Benedetta, conducono un’esistenza più o meno normale. Altri sono in Cielo ma i loro genitori portano sempre nel cuore la gratitudine e la consapevolezza di aver dato una chance alla vita dei loro piccoli.
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