Il disegno di legge in discussione in parlamento e il referendum sul cosiddetto «suicidio assistito» sono due alternative incompatibili oppure l’una non esclude l’altra? Rispetto alla sentenza n° 242 del 2019, le due possibilità paventate peggiorerebbero o migliorerebbero lo scenario? Quale sarà il destino dei medici obiettori? A queste e ad altre domande si è dato risposta nel corso del webinar intitolato Eutanasia. Le ragioni del no, che ha ripreso i contenuti dell’omonimo libro curato dal magistrato Alfredo Mantovano, edito da Cantagalli.
L’argomento è del resto urgente e cogente, viste le inquietanti aperture prodotte dal periodico dei Gesuiti La Civiltà Cattolica e dal quotidiano dei vescovi italiani, Avvenire, a cui hanno peraltro iniziato a rispodnere alcuni aggiornamenti al libro stesso.
Al dibattito, introdotto dal presidente dell’associazione «Family Day», Massimo Gandolfini, e moderato dal vicepresidente del Movimento per la Vita, Pino Morandini, hanno preso parte Giuliana Ruggieri, presidente dell’Osservatorio di Bioetica di Siena, e il appunto Mantovano, vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino.
Il «ddl Bazol», ora in discussione alla Camera dei deputati, se approvato, diventerebbe una legge «inaccettabile», pertanto «la sua impalcatura va fermata», ha dichiarato in apertura Gandolfini.
La morte come «diritto esigibile»
Secondo la Ruggieri, il disegno di legge rivela manipolazioni sin dal suo titolo. Si parla infatti di «disposizioni in termini di morte volontaria medicalmente assistita», quasi a censurare un’espressione ben più tranchant, come «eutanasia». Del resto, con questa legge, «al medico viene chiesto un atto che procura la morte». Mentre poi la sentenza n° 242 del 2019, tra i requisiti per ricevere la morte, indicava una «patologia irreversibile», il «ddl Bazoli» va oltre e indica una «condizione cronica irreversibile». Senza contare il fatto che tra le malattie irreversibili vi sono patologie che non necessariamente portano alla morte: dalle «malattie genetiche» alle «insufficienze renali». Secondo questo criterio sarebbero legittimati a ricevere l’eutanasia persino gli atleti delle ultime Paralimpiadi di Tokyo, ha osservato la Ruggieri.
Altri elementi di criticità: il consenso del paziente ma, soprattutto, le cure palliative, considerate imprescindibili dalla Consulta, laddove l’eutanasia diventa l’ultima spiaggia. Ai sensi del ddl Bazoli, invece, il paziente può esplicitamente rifiutare le cure palliative. Il «punto più grave», comunque, si riscontra all’articolo 5 comma 8: nel caso in cui il medico non si prenda la responsabilità della morte del paziente, quest’ultimo può ricorrere al giudice entro sessanta giorni. La morte, quindi, diventa un «diritto esigibile». L’obiezione di coscienza sulla carta è garantita ma resta il dubbio se il paziente che vede accolta la richiesta dal giudice, possa poi rivalersi con il medico per un risarcimento.
Da parte propria, Mantovano ha ricordato come il «ddl Bazoli» e il contestuale referendum siano ormai il punto di arrivo di una “lunga marcia della morte” iniziata nel 2007 con la sentenza della Cassazione sul caso di Eluana Englaro (1970-2009), in cui si stabiliva che «idratazione e alimentazione costituiscono trattamenti sanitari».
Lo spettro della Legge 194
Mantovano ha smentito le impostazioni suggerite nell’ultima settimana da Giovanni Maria Flick su Avvenire e da padre Carlo Casalone SJ sul La Civiltà Cattolica, per le quali «la legge sarebbe meglio del referendum». In realtà, si tratta di due questioni diverse, non solo perché l’approvazione della legge non esclude lo svolgimento del referendum, ma anche perché trattano materie diverse: il referendum, infatti, non ha nulla a che vedere con l’eutanasia, perché riguarda «l’abrogazione dell’omicidio del consenziente».
Il «ddl Bazoli», invece, oltre ad essere «ampiamente eutanasico», ha la peculiarità di ricalcare la struttura della Legge 194 che nel 1978 ha legalizzato l’aborto in Italia: in entrambi non si parla mai né di «aborto», né di «eutanasia» ed entrambi sono ridondanti di «affermazioni di principio». Tuttavia, così come la 194, in 44 anni, non ha mai visto alcuna «attuazione della parte preventiva», nel «ddl Bazoli», «l’intera dinamica della legge è orientata alla morte» come «diritto esigibile». Quanto, infine, all’obiezione di coscienza, «quale medico o comitato mi diranno di no, nella prospettiva che un giudice potrà dirmi di sì? Per l’ennesima volta il parlamento delega alla magistratura un potere incisivo con esiti definitivi e irriformabili», ha osservato Mantovano, concludendo che «il testo non è migliorabile: o lo si prende nel suo insieme o lo si rifiuta nel suo insieme».
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