L’aborto è un abominio. Sempre, in ogni occasione. È la soppressione di una vita umana. Innocente, fragile, piccola, bisognosa di ogni cura, protezione, attenzione. È la pena di morte comminata senz’appello all’unico imputato che per definizione non ha commesso nulla.
Ma l’aborto diventa ancora più assurdo, raccapricciante e ignominioso quando le motivazioni sono risibili e pusillanimi. Sì, sono sempre risibili e pusillanimi, ma a volte lo sono in modo tanto smaccato da non farci credere alle nostre orecchie. Esattamente come le motivazioni che vengono sempre più spesso date per l’eutanasia, superficiali, inesistenti.
Oggi si cerca di sfruttare l’emergenza del coronavirus per rendere l’aborto ancora più inavvertito, attraverso una pillolina che ne nasconda l’obbrobrio alla vista e inghiotta, nel bicchiere d’acqua, anche la coscienza. Lo si cerca di fare in Italia e lo si fa in Gran Bretagna accampando patetiche motivazioni “ricreative” e “ludiche”. Le coppie stanno segregate in casa, ovvio che, trovandosi a dover ingannare la noia, finiscano per avere bisogno dell’aborto. Ma quando è stato che l’uomo è caduto in questa pozza di melma da cui non riesce più a risalire?
L’aborto miete migliaia di vite ogni giorno nel mondo, e non può lasciare tranquilli nessuno. Papa Francesco centra il punto meglio di qualunque intellettuale laico, e in maniera mille volte più libera e più laica, dicendo che l’aborto, «[…] è un problema pre-religioso. La fede non c’entra. Viene dopo, ma non c’entra: è un problema umano. È un problema pre-religioso. Non carichiamo sulla fede una cosa che non le compete dall’inizio. È un problema umano».
Noi di “iFamNews” la pensiamo allo stesso modo, e vogliamo combattere questa battaglia suprema di civiltà con queste armi.
Sempre più liberamente e più laicamente, lo stesso Pontefice vaporizza completamente ogni sofisma, osservando: «Un approccio contraddittorio consente […] la soppressione della vita umana nel grembo materno in nome della salvaguardia di altri diritti. Ma come può essere terapeutico, civile, o semplicemente umano un atto che sopprime la vita innocente e inerme nel suo sbocciare? Io vi domando: è giusto “fare fuori” una vita umana per risolvere un problema? È giusto affittare un sicario per risolvere un problema? Non si può, non è giusto “fare fuori” un essere umano, benché piccolo, per risolvere un problema. È come affittare un sicario per risolvere un problema». Figuriamoci quando il problema è semplicemente di natura “ricreativa” e il sicario una compressa buttar giù in un secondo.
Sì: laico e libero, il Papa. La pensa infatti allo stesso modo del controverso scrittore Pier Paolo Pasolini (1922-1975), omosessuale, di sinistra, morto di morte violenta, che il 19 gennaio 1975 firmava sul Corriere della Sera un articolo con un titolo che è una bandiera, da farci adesivi e t-shirt (ecco una buona idea per il fund-raising), Sono contro l’aborto, e in cui, nelle prima battute, dice laconicamente, precisamente: «Sono […] traumatizzato dalla legalizzazione dell’aborto, perché la considero, come molti, una legalizzazione dell’omicidio. Nei sogni, e nel comportamento quotidiano ‒ cosa comune a tutti gl’uomini ‒ io vivo la mia vita prenatale, la mia felice immersione nelle acque materne: so che là io ero esistente. Mi limito a dir questo, perché, a proposito dell’aborto, ho cose più urgenti da dire. Che la vita è sacra è ovvio: è un principio più forte ancora che ogni principio della democrazia, ed è inutile ripeterlo».
L’aborto è la legalizzazione dell’omicidio perché la vita è sacra più della democrazia. Dov’è Pasolini, oggi, nel nostro mondo che ha oltrepassato ogni limite?
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