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«Suicidio assistito». Mantovano: «Spero finisca come il ddl Zan»

«La chiave di tutto è la piena applicazione delle cure palliative», spiega il vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino

Luca Marcolivio di Luca Marcolivio
17/02/2022
in Breaking News, In evidenza, Politica
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Reading Time: 4 mins read
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Alfredo Mantovano
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Il parlamento non è il dattilografo della Corte Costituzionale, quindi, è auspicabile che, dovendo varare una legge sul fine vita, non prenda derive eutanasiche. Lo dichiara ad «iFamNews», il vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino, Alfredo Mantovano, ricordando che la recente bocciatura del referendum proposto dai Radicali non ha nulla a che vedere con l’attuale disegno di legge in discussione alla Camera, il quale, comunque, si potrà notevolmente ridimensionare.

Dottor Mantovano, ora che la Corte Costituzionale ha bocciato il referendum Radicale che piega prenderà il dibattito alla Camera sul cosiddetto «suicidio assistito»?

A riguardo potrei fare tre considerazioni. In primo luogo, finché c’è stata l’ipotesi di votare il referendum, non sono mancate testate autorevoli ad affermare che sarebbe stato meglio approvare la legge proprio per evitare il referendum. Eppure, anche adesso che il referendum è venuto meno, stanno usando lo stesso argomento al contrario: visto che il referendum non si fa, approviamo la legge… Mi pare, quindi, ci sia chi sostiene la legge a prescindere, indipendentemente se il referendum si tenga o no.

Seconda considerazione: come hanno precisato sia il comunicato della Corte Costituzionale sia il presidente della Consulta, Giuliano Amato, l’oggetto del referendum era l’articolo 579 del Codice penale, ovvero l’«omicidio del consenziente». La legge che si immagina il parlamento debba approvare dovrebbe far seguito alla sentenza della Corte costituzionale n°242/2019, che ha toccato un articolo differente del Codice penale: l’articolo 580, che riguarda l’aiuto al suicidio.

Terza considerazione: effettivamente la sentenza della Corte costituzionale del 2019 dice: noi stabiliamo questo, poi il parlamento dovrà legiferare. Qui si aprono una serie di scenari. Prima ipotesi: ripartire dalle considerazioni della sentenza 242 come qualcosa che la legge deve attuare anche nelle virgole. Seconda ipotesi: andare ben oltre i parametri della sentenza 242. Il testo Bazoli, in tal senso, oltrepassa i limiti della pronuncia della Corte costituzionale, non considerando come pregiudiziale il ricorso alle cure palliative, che invece la Consulta raccomanda come essenziali, prima di espletare il trattamento di fine vita. Per continuare con le differenze, stabilisce come requisito autonomo del trattamento di fine vita una condizione irreversibile, che non è necessariamente nè una condizione patologica né una condizione terminale, quindi, somministrabile anche nei confronti di un disabile che non corre rischio imminente di morte o di un anziano non autosufficiente. Mentre la sentenza 242 afferma che la coscienza del medico deve essere sempre rispettata, il testo Bazoli introduce, sì, l’obiezione di coscienza ma ne dà una disciplina simile a quella della Legge 194, il che significa dividere il terreno dei medici tra obiettori e non obiettori; quindi il medico che segue da una vita il paziente, dal momento in cui, conoscendolo, gli può dare le indicazioni migliori, se è un obiettore viene estromesso. Il testo Bazoli dice di voler attuare la sentenza 242, ma, in realtà prosegue ben oltre in una prospettiva che si potrebbe definire propriamente eutanasica. Vi è una terza ipotesi che, dal mio punto di vista è quella preferibile: prendendo atto che la sentenza della Corte costituzionale del 2019 ha dichiarato parzialmente illegittimo l’articolo 580 del Codice penale, il parlamento, senza trascurare questo punto di partenza, ha una sfera autonoma per deliberare. Ciò significa che, per esempio, come nella proposta di legge di cui era primo firmatario l’onorevole Alessandro Pagano, può permanere una valutazione di illiceità per chi toglie la vita a un’altra persona aiutandola al suicidio ma, in presenza di determinate condizioni, questa sarebbe punita meno gravemente rispetto all’ipotesi originaria dell’articolo 580.

Può farci un esempio?

Un conto è la posizione del proprietario della clinica Exit, che sul suicidio “ci vive”, un conto è la posizione di un familiare che da anni e anni vive a fianco di un parente che peggiora sempre più ed è privo di qualunque assistenza, e alla fine cede alla disperazione. Entrambe, a mio avviso, vanno ritenute condotte giuridicamente illecite, tuttavia, ci dovrebbe essere una notevole differenza nella risposta sanzionatoria da parte dell’ordinamento. Questa terza ipotesi, che a mio avviso è praticabile perché il Parlamento non è dattilografo della Consulta, andrebbe inserita in un quadro che, nel rispetto di ciò che la Consulta ha stabilito, finanzi le cure palliative previste dalla Legge 38/2010, mai completamente attuata. Infine, andrebbe varata una legge sui caregiver per dare un sostegno reale non solo al paziente ma anche alla persona che l’assiste. L’intervento del Parlamento, quindi, da un lato attenuerebbe il carico sanzionatorio per chi compie un atto del genere, dall’altro, però, lo previene con una serie di aiuti concreti.

Se, alla fine, venisse approvata una legge dai chiari contorni eutanasici, sarebbe auspicabile un referendum abrogativo nei suoi confronti?

Credo sia opportuno ragionare un passo per volta. Se prima della valutazione di ammissibilità non era opportuno parlare della legge in funzione del referendum, adesso c’è un terreno aperto sul piano parlamentare. Il testo Bazoli è stato approvato soltanto in Commissione e soltanto alla Camera, lasciando un terreno aperto agli interventi. Mi auguro che col testo Bazoli accada quello che è successo col ddl Zan, sul quale si è andati avanti per un bel po’ di tempo, sull’onda della suggestione e della propaganda. In seguito, finalmente, ci si è resi conto di quel che il ddl Zan conteneva, al di là delle suggestioni. Ho avuto l’impressione, leggendo i giornali e parlando con alcuni parlamentari, che ancora non si abbia piena e completa consapevolezza di cosa contenga il testo Bazoli e che una volta questa consapevolezza sarà acquisita (mi auguro il prima possibile), possa esserci uno sviluppo differente da quello finora conosciuto in commissione. Punterei adesso a concentrare l’approfondimento sul testo in commissione. Così come con il «ddl Zan» il Senato ha compiuto un atto di responsabilità, respingendolo, spero che, anche con il testo Bazoli, l’esito sia analogo.

Tags: EutanasiaItalia
Luca Marcolivio

Luca Marcolivio

Giornalista professionista, Luca Marcolivio è accreditato alla Sala Stampa della Santa Sede dal 2011. Direttore del webmagazine di informazione religiosa Cristiani Today, collabora con La nuova Bussola Quotidiana, Pro Vita & Famiglia e con il blog del Centro Machiavelli. Dal 2011 al 2017 è stato caporedattore dell’edizione italiana di Zenit. Ha pubblicato Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato e curato La società dell’allegria. Don Bosco raccontato dai salesiani del XXI Secolo

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