Last updated on Ottobre 1st, 2021 at 04:50 am
Nei Paesi Bassi un ragazzino di 12 anni ha «ottenuto il permesso di vaccinarsi contro il covid nonostante la proibizione imposta dal padre no vax». Il dodicenne desiderava «immunizzarsi contro il Covid per visitare la nonna morente», ma la legge nei Paesi Bassi impone il consenso di entrambi i genitori per la vaccinazione dei giovani tra i 12 e i 17 anni; in caso di disaccordo tra i genitori, i giudici possono prendere decisioni «nell’interesse dei minori».
In Italia la decisione spetta ai figli, purché sia quella “giusta”
La notizia, nel dettaglio, non dovrebbe fare scalpore più di tanto, visto che in Italia è passato da tempo il principio che, sul vaccino anti-CoViD-19, per i «minori con genitori in disaccordo la decisione spetta ai figli». Anzi, come da indicazione del Comitato di bioetica nazionale, il minore ha diritto di autodeterminazione anche se entrambi i genitori fossero in contrasto con la sua scelta. Non esattamente corrispondenti sono invece le indicazioni qualora a rifiutare il vaccino sia il minore: in questo caso il Comitato sottolinea come «in certe fasce di età la protezione della salute personale e soprattutto il principio di solidarietà potrebbero non essere colti nella loro pienezza e nelle relative implicazioni». Apparendo comunque corretto non imporre l’obbligo vaccinale, in assenza di una legge a riguardo, il Comitato indica come necessario «porre in essere misure atte a salvaguardare la salute pubblica come, ad esempio, la frequenza in remoto alle attività didattiche a distanza». Liberi di vaccinarsi, quindi, oppure di tornare in DAD…
Il «Corona Pass» nei Paesi Bassi
Dal 25 settembre nei Paesi Bassi è stato introdotto il «Pass Corona», obbligatorio per entrare in tutti gli esercizi di ristorazione e in occasione di eventi, festival, concerti e competizioni sportive, così come nei cinema e nei teatri, a partire dai 13 anni di età. Contemporaneamente è stata revocata la norma sul distanziamento sociale, mentre la mascherina resta obbligatoria sui mezzi pubblici (che viaggiano a piena capienza), ma non a scuola, né per docenti né per alunni.
D’altra parte proprio nei Paesi Bassi, all’inizio dell’estate, si era constatata l’incapacità di tutte le misure igienico-sanitarie nel prevenire il rischio di contagio, quando, al Verknipt Festival di Utrecht, più di mille persone, delle 20mila accorse all’evento, sono risultate positive al virus nonostante l’obbligo di mostrare all’ingresso o la prova di avvenuta vaccinazione o un test negativo.
Una narrazione significativa
Ora, quel che colpisce nella “vittoria” del dodicenne neerlandese sul padre «no vax» sono i toni e i termini con cui la notizia viene diffusa. Si parla di vaccino «proibito», di «suppliche» rivolte a un padre «no vax convinto» e insensibile di fronte alla richiesta del figlio di andare a trovare la nonna, che il giovane vuole poter visitare «in tutta sicurezza».
Pare di vederlo lo strazio del bimbo chiuso fuori dalla camera della nonna morente, mentre il padre padrone impedisce l’ingresso per quell’ultimo saluto. Una scena decisamente degna di biasimo.
Ma siamo sicuri che quel che sta accadendo sia proprio questo?
Una leva emotiva per sollecitare giudizi morali
Chi impedirebbe al bambino di visitare la nonna «in tutta sicurezza»? Si sa bene che l’inoculazione di uno dei sieri sperimentali ora in commercio per fronteggiare l’epidemia di CoViD-19 non impedisce né l’infezione né il contagio, e sia sa altrettanto bene che, nei Paesi Bassi, per ottenere il «Corona Pass», non è necessario aver completato il ciclo vaccinale, ma è sufficiente l’esito negativo di un test svolto entro 48 ore. Il ragazzino in questione, tra l’altro, ha meno di 13 anni, per cui non è sottoposto ad alcun obbligo di «Corona Pass». Immaginiamo poi che la nonna, affetta da un tumore ai polmoni in fase terminale, abbia ricevuto il vaccino ella stessa. Chi, dunque, può affermare in piena onestà che la mancata inoculazione del vaccino al nipote impedisca in senso assoluto alla nonna di godere della sua compagnia? Su quali basi e con quali criteri si giudica, oggi, la “piena sicurezza” di un comportamento? Il CoViD-19 non è l’unico virus trasmissibile tra esseri umani: dovrebbe essere allora necessario dimostrare di essere assolutamente sterili per partecipare alla vita sociale?
La vicenda, per altro, si svolge nei Paesi Bassi, un Paese in cui culturalmente l’approccio alla malattia terminale è tra i più drastici al mondo: l’eutanasia, introdotta già nel 2001, ha ucciso nel 2019 più di 6500 persone, ed è in atto la proposta di fornire gratuitamente una «pillola della dolce morte» agli ultrasettantenni indipendentemente dal loro stato di salute e semplicemente perché la loro vita sarebbe «arrivata a compimento».
È davvero biasimevole che, nell’alveo di una cultura simile, un padre scelga di non sottoporre il proprio figlio a un trattamento medico di per sé non obbligatorio e non privo di possibili, ammettiamo pure remoti, effetti collaterali, visto che il suddetto trattamento sarebbe finalizzato – come da narrazione – esclusivamente al non far “correre ulteriori rischi” a una anziana malata terminale, anche di fronte all’evidenza che i rischi non sarebbero comunque completamente eliminati?
Siamo veramente disposti ad accettare passivamente una narrazione che non ha nulla a che vedere con la realtà dei fatti, quanto piuttosto, secondo il più schietto emotivismo etico, a sollecitare in noi sentimenti negativi nei confronti di chi pensa e agisce diversamente dal “dovuto”?
Spenta la ragione, i giudizi morali vengono ormai imposti tramite ondate emotive suscitate ad hoc in base al principio che di volta in volta si vuole sostenere. Con l’immancabile dicitura del «migliore interesse» ora si giustificano uccisioni seriali di piccoli innocenti, ora si auspicano leggi sull’omogenitorialità, ora si vuole la sospensione dei diritti fondamentali della persona. Serve solo uno story-telling adeguato, e il gioco è fatto.