Cos’è allora che fa davvero umani gli uomini?

Morte, sconforto e dolore. Se la libertà “legale” non basta... 3/5

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Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:28 pm

Nel racconto L’uomo bicentenario (The Bicentennial Man), pubblicato nella raccolta Antologia del bicentenario (The Bicentennial Man and Other Stories) del 1976, lo scienziato e scrittore russo naturalizzato statunitense Isaac Asimov (1920-1992) racconta la storia – sviluppata in seguito nel romanzo Robot NDR-113, firmato assieme allo scrittore e sceneggiatore statunitense Robert Silverberg  e pubblicato postumo nell'ottobre 1992 – di un robot positronico (cioè vincolato dalle Tre leggi della robotica) che insegna quale sia il valore autentico della vita umana. Questa estate, assieme ai propri lettori, «iFamNews» vuole ripercorrere alcuni tratti salienti della vicenda dell’automa denominato NDR-113, alias Andrew: non son poche le cose semplici e vere con cui questo personaggio, inventato da uno scrittore ateo, umanista e razionalista, riesce ancora a sorprendere tutti.

«La libertà è senza prezzo», aveva dichiarato Andrew. D’altra parte «anche il tribunale poteva dichiarare che la libertà non ha prezzo e che nessuna somma, per quanto cospicua, può consentire ad un robot di acquistarla». Eppure, la battaglia legale iniziò, con la Signorina Piccola in prima fila nel perorare la causa di Andrew: «tutto ciò che egli chiede a questa corte è di essere dichiarato “robot” libero».

L’unico desidero dell’automa era infatti proprio quello di ricevere

un documento legalmente vincolante in cui si affermi che è un robot libero, proprietario di se stesso, che se decide di continuare a rimanere a servizio della famiglia Martin lo fa per libera scelta e non perché ci siamo valsi della facoltà di esercitare i diritti conferitici dal contratto originario con i costruttori. È una questione puramente semantica, in effetti. […] Stiamo cercando semplicemente di annullare la condizione di servitù involontaria nella quale, ancora oggi, siamo costretti a mantenere Andrew. […] alla vista della Signorina Piccola che con tanto coraggio affrontava il giudice, Andrew avvertì un senso di eccitazione che si propagava per i suoi circuiti. Come appariva impavida! Quanta determinazione c’era in lei! Come… Com’era bella!

Chiamato a testimoniare in prima persona, alla domanda del giudice, «Vuoi essere libero, Andrew? Ti importa molto esserlo? […] cosa potresti fare di più se fossi libero?», il robot rispose:

forse niente, Vostro onore, ma tutto quello che farei, lo farei con maggiore gioia […] mi sembra che solo chi desidera la libertà – chi conosce l’esistenza di una simile nozione e la desidera con tutte le proprie forze – abbia il diritto di essere libero. […] Io non sono affatto un essere umano […] Ma desidero ugualmente la libertà.

La richiesta fu approvata dalla corte. Così Andrew, robot finalmente libero, si trovò ad assistere, per la prima volta in vita sua, alla morte. Prima morì il Signor Martin. Chiamato al capezzale del moribondo

Andrew avvertì un debole tremore alla punta delle dita. Era quanto di più prossimo riuscisse a provare alla sensazione fisica che gli esseri umani chiamavano “emozione”. Ma era frammista a un senso di qualcosa che si poteva definire “angoscia”. […] non si era mai trovato accanto a un moribondo né aveva mai visto un uomo morto. Sapeva che la morte era l’equivalente umano della cessazione delle funzioni per un robot. Era uno smantellamento involontario e irreversibile che, presto o tardi, capitava a tutti gli esseri umani. Dal momento che era inevitabile, Andrew riteneva che gli esseri umani lo considerassero un processo naturale, al quale non si doveva guardare con paura o ripugnanza.

Non fu così, però, nemmeno per lui, quando a mancare fu la Signorina Piccola: «Andrew non riusciva ad immaginare un mondo in cui non ci fosse la Signorina Piccola. Ma sapeva che stava per entrarvi». Fu allora che provò una sensazione

di sconforto che non lo lasciò per settimane. Chiamarlo “dolore” forse sarebbe stato esagerato, pensò, dato che sospettava che nei suoi circuiti positronici non vi fosse alcuna sensazione che corrispondesse con esattezza all’emozione umana con quel nome. Eppure, non aveva alcun dubbio che era possibile far risalire quanto lo affliggeva esclusivamente alla scomparsa della Signorina Piccola. Non riusciva a quantificare quella sensazione. Una certa difficoltà nei processi mentali, un’insolita goffaggine nei movimenti, un senso generale di squilibrio nei suoi ritmi: era questo che percepiva, ma sospettava che nessuno strumento sarebbe stato in grado di registrare alcuna variazione di rilievo nelle sue capacità.

Non voleva chiamare «dolore» ciò che sentiva, ma la sensazione era forte. Per alleviarla

si immerse nelle ricerche sulla storia dei robot e, giorno dopo giorno, il suo manoscritto prese a crescere. […] Addentrandosi negli archivi della robotica, aveva scoperto che le Tre Leggi non erano una protezione così infallibile come poteva apparire. In realtà, erano costellate di ambiguità e celavano fonti di conflitto. E, inaspettatamente, potevano mettere i robot – creature semplici, che prendevano tutto alla lettera – di fronte all’evenienza di assumere decisioni che non erano necessariamente irreprensibili da un punto di vista umano.

1 – Perché non celebrare l’anniversario del proprio concepimento invece che della nascita?

2 – «La sola possibilità di essere libero vale tutto il denaro che possiedo»

Non temete, l’avventura di Andrew continua il 24 agosto

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