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Corte costituzionale: dove la tua vittoria?

Adesso ai figli, oltre a quello del padre, si può dare anche il cognome della madre. Per battere il “patriarcato”. Ma il “patriarcato” non c’entra proprio nulla

Manuela Antonacci di Manuela Antonacci
29/04/2022
in Breaking News, Editoriali, Famiglia, In evidenza
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Reading Time: 2 mins read
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«Discriminatoria e lesiva dell’identità del figlio»: così la Corte costituzionale definisce la normativa vigente che attribuisce il cognome del padre ai figli, motivando la sentenza con cui, da ora in poi, i figli assumeranno il cognome di entrambi i genitori, secondo l’ordine concordato.

Plauso scontato da più parti per una sentenza che, secondo il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, rappresenterebbe «un altro passo in avanti verso l’effettiva uguaglianza di genere nell’ambito della famiglia». Seguendo lo stesso principio, la Corte costituzionale stessa si era mossa già nel gennaio 2020, definendo l’automatismo riguardante il cognome «retaggio di una condizione patriarcale della famiglia». Una considerazione espressa all’interno di un procedimento, partito, appunto, nel 2020 da Lagonegro, in Basilicata, quando una coppia si era rivolta al tribunale perché voleva dare al figlio solo il cognome della madre, in modo che potesse avere lo stesso cognome dei fratelli. Gli altri figli, infatti, già lo avevano acquisito perché erano stati riconosciuti dal padre solo successivamente. Al contrario, l’ultimo figlio sarebbe nato all’interno del nuovo matrimonio della donna.

All’inizio, i tentativi della donna non sarebbero andati a buon fine, ma poi avrebbe fatto appello contro la decisione di primo grado e, durante il nuovo processo, la questione sarebbe stata rimessa alla Corte costituzionale.

Tornando a bomba, sebbene questa sentenza sia stata accolta con favore da più parti (tra tutti non poteva mancare anche il ministro per le Pari opportunità, Elena Bonetti, secondo la quale «il meccanismo che in automatico fa attribuire il cognome paterno si fonda nella pretesa che sia sempre e comunque il maschile a prevalere»), qualcosa non convince. Ciò che lascia perplessi è che l’attribuzione del cognome paterno, in realtà, non è mai c’entrata niente con il “patriarcato”, bensì tutto con la semplice assunzione di responsabilità dei padri verso i figli. Una responsabilità primaria che non si può certo definire ideologica, quanto invece semplicemente doverosa. O no?

Tant’è che uno degli step per riconoscere i figli nati al di fuori del matrimonio, per il padre, è proprio l’attribuzione del suo cognome. Dunque viene da chiedersi, perché tanta esultanza? In cosa consisterebbe la “vittoria”?

Tags: FamigliaItalia
Manuela Antonacci

Manuela Antonacci

Laureata in Lettere (2001) e in Filosofia (2011) nell’Università Aldo Moro di Bari, giornalista, collabora con diverse testate online e cartacee, e cura presentazioni di romanzi e di saggi, in Puglia, dove vive. La scrittura come primo amore e la passione per gli eventi culturali che spesso organizza non le impediscono di dedicarsi anche all’attività di speaker a Radio Sound Bari, promuovendo le iniziative più importanti (concerti, vernissage, festival letterari) che si svolgono nella sua regione. La sua passione per la scrittura sta in una frase di Friedrich Nietzsche: «Di tutto quanto è scritto io amo solo ciò che uno scrive con il sangue».

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