Le cose sono andate né più né meno come aveva previsto, circa un mese fa, l’onorevole Antonio Palmieri, intervistato da «iFamNews». Il «ddl Bazoli-Provenza» sulle Disposizioni in materia di morte medicalmente assistita è stato approvato alla Camera dei Deputati, con 253 voti favorevoli, 117 contrari e un astenuto.
A schierarsi a favore del disegno di legge, come previsto, sono stati il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle, Liberi e Uguali, Italia Viva. Contrari, invece, i gruppi parlamentari di centrodestra, con Lega e Fratelli d’Italia compatti, mentre Forza Italia e Coraggio Italia, pur schierandosi contro, hanno dato libertà di voto; pertanto, alcuni dei loro deputati si sono schierati in dissenso con l’orientamento prevalente nel partito.
Un risultato, per certi versi scontato, che conferma una tendenza di questi ultimi anni: dove il Parlamento è davvero spaccato e dove la dicotomia – oggi sempre più sfumata – tra centrodestra e centrosinistra tende a polarizzarsi fortemente è proprio sui temi etici.
Altro dato significativo: non si è riusciti a trovare una mediazione significativa se non su singoli emendamenti; quindi, non è scaturito alcun “testo condiviso” e trasversale agli schieramenti politici.
In particolare il centrosinistra, al di là di alcuni segnali distensivi di pura facciata, ha preferito andare avanti senza accettare compromesso alcuno, con la scusa di dare compimento all’indirizzo della Corte Costituzionale nella sentenza 242/2019.
La maggioranza di governo (PD, M5S, LeU da una parte, Forza Italia, Lega dall’altra) si ritrova dunque inesorabilmente spaccata.
Medici e infermieri non punibili
Il testo, così come approvato, esclude la punibilità del medico, del personale sanitario e amministrativo e di chiunque agevoli il malato nell’eseguire la procedura di morte volontaria medicalmente assistita.
L’articolo 1, «disciplina la facoltà della persona affetta da una patologia irreversibile e con prognosi infausta o da una condizione clinica irreversibile, di richiedere assistenza medica, al fine di porre fine volontariamente e autonomamente alla propria vita».
Spetta al medico l’attestazione della condizione di patologia «irreversibile e con prognosi infausta» del paziente, che cagioni «sofferenze fisiche e psicologiche che la persona stessa trova assolutamente intollerabili» o che venga «tenuta in vita da trattamenti sanitari di sostegno vitale, la cui interruzione provocherebbe il decesso del paziente».
Decretato il diritto a morire
La legge prevede che la richiesta di morte medicalmente assistita sia «manifestata per iscritto, nelle forme dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata»; oppure, se le condizioni del paziente non consentono forme scritte, attraverso «videoregistrazione o qualunque altro atto idoneo», alla presenza di «due testimoni».
Dopodiché, il medico è tenuto a redigere un «rapporto sulle condizioni cliniche, psicologiche, sociali e familiari» del richiedente, inoltrandole al Comitato per la valutazione clinica territorialmente competente, che si esprime entro trenta giorni con motivato parere. Se il medico ritiene di non tramettere la richiesta al Comitato, il richiedente ha sessanta giorni per presentare ricorso al magistrato. Quest’ultima disposizione configura quindi la volontà di morire come un vero e proprio diritto.
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