Last updated on Settembre 6th, 2021 at 03:00 am
Il G20 è «il foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo». L’Italia ne ha assunto la presidenza il 1° dicembre 2020 e la manterrà sino alla fine del mese di novembre di quest’anno. Il 30 e 31 ottobre prossimi, a Roma, si terrà il vertice dei capi di Stato e di governo dei Paesi che vi appartengono.
Nel frattempo, il calendario degli eventi che condurranno al consesso del mese venturo è stato e sarà fitto di impegni e fra essi particolarmente rilevante è la prima Conferenza G20 sull’Empowerment femminile, tenutasi a Santa Margherita Ligure, in provincia di Genova, il 26 agosto. Colloquialmente definito «il G20 delle donne», questo incontro importante ha dato «centralità alla qualità del lavoro femminile, alle politiche per la valorizzazione del talento e della leadership delle donne, all’affermazione e alla tutela dei loro diritti e al contrasto alla violenza di genere».
La conferenza è stata aperta, dopo la lettura del messaggio del presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, dall’intervento del ministro per le Pari opportunità e la famiglia, Elena Bonetti, poi dalla lettura del messaggio della presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, dall’intervento della vicepresidente della Camera dei deputati, Maria Edera Spadoni, e da quello della commissaria europea per l’Eguaglianza, Helena Dalli.
Inoltre, «alla Conferenza hanno partecipato i Ministri responsabili per le pari opportunità del Paesi del G20 e dei Paesi ospiti, di rappresentanti di organizzazioni internazionali (UN Women, UNESCO, OIL, OCSE), del mondo delle imprese, dell’accademia e della società civile che si sono incontrati per dibattere su due specifiche aree di approfondimento: Stem, competenze finanziarie e digitali, ambiente e sostenibilità; Empowerment lavorativo ed economico e armonizzazione dei tempi di vita».
Inevitabilmente e giustamente, la giornata ha guardato con grande risalto e naturale commozione agli eventi tragici che nelle stesse ore stavano accadendo in Afghanistan, dove proprio le donne stavano facendo e purtroppo faranno le spese più salate legate alla riconquista di Kabul e del potere da parte dei talebani. Una riunione specifica sull’argomento è stata indetta con urgenza dal ministro Bonetti.
Nel corso del convegno molto si è parlato, pertanto, di educazione delle donne, di possibilità di accesso per bambine e ragazze agli studi di scienze, tecnologia, ingegneria e matematica (le cosiddette discipline STEM), di parità salariale e di rimozione del gender gap, di possibilità di ingresso nelle carriere tradizionalmente e talvolta a torto ritenute “maschili”. Si è parlato anche di violenza di genere, e ci mancherebbe. Si è parlato di equità e giustizia e di carichi di cura familiare, dei piccoli per esempio, degli anziani e delle persone disabili, spesso lasciati sulle spalle femminili senz’appello e senza assunzione di responsabilità da parte della società né della politica.
Nel discorso conclusivo della giornata, poi, il ministro Elena Bonetti ha riassunto e sottolineato la necessità di un’agenda globale per la comunità internazionale e di un patto fra i governi, la società civile e il mondo delle imprese affinché la donne non siano tagliate fuori, bensì acquistino un ruolo centrale e trainante nel corso degli anni a venire.
Si è parlato tanto, tantissimo, di empowerment femminile e di strategie concertate per raggiungere tale nobile fine.
Non si è parlato per nulla, però, di numerose altre cose. Alcune le hanno rilevate con una lettera aperta, rivolta direttamente al ministro Bonetti, le RadFem di Feminist Post.
Un’altra, vorrebbe evidenziarla anche «iFamNews», sulle cui colonne digitali il concetto di empowerment femminile assume spesso veste del tutto diversa. La donna, che al mondo e alla politica e all’economia piaccia oppure no, riveste due ruoli fondamentali: quello di moglie (di compagna, quanto meno, se si prediligono altri schemi) e quello di madre. Ebbene, questi aspetti sono soltanto vagamente accennati, laddove si parla di «armonizzazione dei tempi di vita», nel Chair’s Statement conclusivo emesso al termine della conferenza, solo di sfuggita e con il tono condiscendente che altre volte è parso di cogliere.
«Il raggiungimento della parità di genere necessita di un nuovo bilanciamento tra il lavoro retribuito e le responsabilità familiari, come di una rete adeguata di servizi educativi, sociali e di assistenza e cura. L’empowerment delle donne richiede di superare la scelta troppo spesso obbligata tra l’essere madri o lavoratrici professionali, e di garantire invece l’opportunità di conciliare le due scelte», si legge. Come se le «responsabilità familiari» di cui si parla fossero solo una gran seccatura e non, come invece accade, una scelta.
Insomma, la solita serenata: più asili nido, badanti per i nonni con contributi pagati dallo Stato, e via, marsch, al lavoro per produrre un aumento del PIL per cui altrimenti non si saprebbe dove sbattere la testa. Tanto, si sa, le donne sono in grado di essere tutto, di fare tutto, di incarnare mille volti e mulinare le braccia come tante dea Kalì al servizio di un Paese che nega loro, piuttosto, anche quando lo desiderano, la possibilità di essere solo, “semplicemente”, madri.
Il «G20 delle donne» ha raccolto anche i risultati emersi dagli incontri svoltisi a Roma, dal 13 al 15 luglio 2021, dell’Engagement group Women20 (W20), il gruppo di lavoro del G20 dedicato alle donne e alla condizione femminile. Tale gruppo ha prodotto un comunicato, dal titolo Dall’inclusione all’empowerment, presentato nel corso della giornata del 26 agosto da Linda Laura Sabbadini, direttrice centrale dell’Istat e chair del W20 a presidenza italiana.
I temi di questo documento sono quelli emersi poi nel corso della conferenza di Santa Margherita Ligure, con l’aggiunta di una piccola nota: nel testo viene sottolineata l’importanza della cura della salute femminile, sia in relazione alla situazione pandemica passata e attuale sia per quanto riguarda, guarda caso, la cosiddetta “salute sessuale e riproduttiva”. Qualcuno, ancora, non ha capito a cosa ci si riferisca?
È necessario infatti, secondo quanto evidenziato dal W20, «Assicurare salute e cura per tutte, […] garantendo i servizi per la salute sessuale e riproduttiva, indicati come servizi essenziali dall’OMS 2020, nonché mezzi per la contraccezione moderni e gratuiti e la diffusione di informazioni e orientamenti completi».
Nel processo di empowerment femminile, insomma, di maternità non si parla se non come “peso” e “responsabilità”; se lo si fa, è per suggerire di evitarla.
Quanto emerso nel corso del «G20 delle donne» confluirà nell’agenda dei lavori del G20 dell’anno 2021 che si terrà, come si diceva, in ottobre, a Roma. Non resta che attendere i risultati di questo importante vertice, per sapere se i responsabili dei Paesi economicamente più importanti del mondo si adopereranno fattivamente per la causa dell’empowerment femminile. Certo che, se le donne stesse hanno deciso di giocare soltanto al ribasso, chissà gli altri…
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