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Sei una lei o un lui? Sesso soggettivo in Canada

Un ristoratore si permette di non chiamare una dipendente con pronome “non binario” e viene condannato

Federico Cenci di Federico Cenci
16/10/2021
in Famiglia, In evidenza
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Reading Time: 3 mins read
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Last updated on Ottobre 20th, 2021 at 03:43 am

Maschio, femmina e…? Il Canada si dimostra ancora una volta in prima linea sul fronte dell’ideologia gender. Lo testimonia quanto avvenuto nei giorni scorsi: un Tribunale per i diritti umani ha stabilito che un ristoratore ha licenziato ingiustamente una dipendente che aveva chiesto all’azienda di utilizzare pronomi «non binari», decretando in favore di quest’ultima un risarcimento di 30mila dollari.

Una discriminazione

Il fatto, come riporta Christian Post, è avvenuto nella Columbia Britannica. Nonostante le richieste della sua dipendente di essere chiamata con un pronome «non binario», il ristoratore aveva l’abitudine di chiamarla – in quanto biologicamente donna – con pronome femminile. Il confronto tra i due è diventato tale da suggerire al ristoratore di licenziarla. Per i giudici si è trattato di un gesto «equivalente a una discriminazione».

Il diritto dei dipendenti trans

«Tutti i dipendenti hanno diritto a un posto di lavoro privo di discriminazioni», si legge nelle motivazioni. «I dipendenti trans hanno diritto al riconoscimento e al rispetto della propria identità ed espressione di genere. Questo inizia con l’uso corretto dei loro nomi e pronomi». E ancora: «Come un nome, i pronomi sono una parte fondamentale dell’identità di una persona. Sono un modo primario in cui le persone si identificano. L’uso di pronomi corretti comunica che vediamo e rispettiamo una persona per quello che è».

Catechismo LGBT+

Ma per il ristoratore non è finita con una sanzione pecuniaria. Il giudice, infatti, gli ha ordinato di «includere una dichiarazione nelle sue politiche nei confronti dei dipendenti che affermi il diritto di ognuno di essere chiamato con i propri pronomi corretti», ovvero con quelli desiderati. Inoltre ha ordinato di «implementare la formazione obbligatoria per tutto il personale e i dirigenti sui diritti umani nei luoghi di lavoro». Insomma, un bel corso di catechismo a tinte arcobaleno che «non dovrà essere inferiore a due ore». Il giudice si è anche premunito di raccomandare al ristoratore di rivolgersi a un «fornitore di formazione» su questi temi consigliato dalla dipendente licenziata.

Canada all’avanguardia

Ciò non stupisce. Il Canada su questo fronte è inflessibile. Nel 2016 ha approvato un disegno di legge – conosciuto come C-16 – che introduce il concetto di «identità di genere» a razza, religione, età, sesso e orientamento sessuale alla clausola di protezione di un’altra legge, quella che tutela i diritti umani. La legge in questione prevede il carcere nei confronti di chi incita all’odio contro una persona a motivo appunto della sua «identità o espressione di genere» e, secondo alcune letture circolate sui media, può persino condannare al carcere chi “sbaglia” a usare il pronome di una persona. Questa misura fa il paio con un’altra, approvata la primavera scorsa – la C-10 – che rischia di discriminare sulla base delle opinioni personali sull’ideologia gender. Ma poi, in quale dizionario si trova un pronome «non binario»?

Image source: Gender recognition pins cropped, photo by AWang (WMF) from Wikimedia Commons, self-published work, licensed by CC BY-SA 3.0

Tags: CanadaHighlightVetrina
Federico Cenci

Federico Cenci

Dal 2013 al 2017 ha lavorato all’agenzia cattolica di stampa Zenit occupandosi di temi sociali e religiosi, bioetica, politiche familiari, nonché politica interna ed internazionale. Ha quindi proseguito l'attività con In Terris, e attualmente con vari giornali e periodici. Nel 2020 ha scritto il romanzo "Berlino Est 2.0 - Appunti tra distopia e realtà"

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