Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:14 pm
I campus universitari sono il luogo ideale dove esercitare la libertà di espressione, giusto? Si studia, si vive con giovani provenienti da altri Paesi e si impara a cavarsela da soli, a gestire la propria vita senza i genitori vicini, insomma l’apertura mentale è un must. Se ne potrebbe chiedere conferma a Julia Rynkiewicz, 24 anni, iscritta all’Università di Nottingham, sospesa dal corso di laurea ed espulsa dal tirocinio in Ostetricia perché ritenuta non idonea alla pratica. Motivazione? È la presidente di Nottingham Students for Life, associazione pro life del campus.
Secondo una prima ricostruzione qualche compagno di corso si sarebbe lamentato con i professori, giudicando inappropriato che la presidente di un gruppo antiabortista potesse un giorno lavorare in ambito sanitario. E queste lamentele sono state ascoltate, perché la Rynkiewicz è stata sospesa per un anno.
Dopo 12 mesi, durante i quali la giovane è rimasta sospesa senza sapere cosa sarebbe accaduto, i funzionari dell’ateneo hanno però respinto le accuse, giudicando la studentessa perfettamente idonea alla laurea e al tirocinio. Risultato? Julia è stata riammessa, ma si laureerà un anno dopo rispetto ai compagni a causa di tutto il tempo perduto.
Quel periodo evidentemente le viene valutato come una vacanza. Eppure non se ne vedono i benefici: la ragazza ha patito un forte stress e ha perso la borsa di studio. Ora sta valutando di intraprendere un’azione legale contro l’università: «Penso sia importante ricordare che essere pro life non è incompatibile con l’essere ostetrica», ha dichiarato. «Non voglio che altri studenti passino ciò che ho passato io».
Bernadette Smyth, presidente di Precious Life, ha commentato: «È oltraggioso che una studentessa a favore della vita, che si sta formando per diventare ostetrica e dedicare la propria vita professionale alla cura sia delle madri sia dei loro bambini, si trovi a dover fronteggiare una discriminazione spaventosa come questa».
Ora, un caso singolo non può valere come giudizio universale, è vero. Ma il recente sondaggio realizzato e diffuso dal ramo britannico di ADF International su un campione di oltre mille studenti appena laureati dà risultati sorprendenti: quasi il 40% degli studenti ammette di avere paura di esprimere le proprie opinioni, in quanto dire ciò che si pensa potrebbe influire negativamente sulla carriera. Oltre un terzo degli intervistati racconta che i campus cancellano sempre più spesso dibattiti e presentazioni perché un’associazione studentesca o anche singoli studenti segnalano i relatori per le idee che professano. Tutto ciò che esce dal mainstream politicamente corretto viene infatti automaticamente censurato, basta una segnalazione.
Ryan Christopher Day, direttore di ADF International UK, commenta: «La libertà di parola è il fondamento di qualsiasi società libera e democratica. Di tutti i luoghi l’università è quello dove gli studenti dovrebbero essere liberi di discutere e di esplorare idee, specialmente quelle con cui non sono d’accordo». È il paradosso perfetto: opinioni zittite a priori nei luoghi nati per apprendere e confrontarsi. Aggiunge Christopher: «La società non può accettare che alcuni studenti affrontino l’ostracismo o subiscano gravi azioni disciplinari solo perché altri studenti o il personale universitario non sono d’accordo con loro. Una cultura di questo tipo è il contrario stesso sia della vita di un campus sia della missione di un’università».
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