Last updated on Dicembre 9th, 2020 at 04:46 am
Una marea pacifica e orante sta mettendo pressione a Emmanuel Macron. La Francia cattolica va all’attacco e rivendica il diritto a professare liberamente il culto, anche in tempi di pandemia. Già, perché il governo transalpino ha stabilito, fino al 1° dicembre, una sorta di lockdown durante il quale le scuole restano aperte, ma le cerimonie religiose sono bandite. Un divieto, quello di poter celebrare la Messa, che ha smosso il popolo dei fedeli e la Conferenza episcopale francese.
Il ricorso al Consiglio di Stato
I vescovi e diverse associazioni cattoliche hanno presentato ricorso al Consiglio di Stato, che tuttavia sabato scorso è stato respinto. Un parere, quello dei giudici, che una nota della Conferenza episcopale accetta, ma stigmatizza. I presuli ritengono infatti «deplorevole che i fedeli non potranno partecipare alla Messa, che costituisce l’apice della loro fede e il luogo insostituibile dell’incontro con Dio e con i fratelli». In un appello pubblicato la scorsa settimana su Le Figaro e sottoscritto da diversi intellettuali e filosofi, è stato rievocato il motto degli albori del cristianesimo: «Senza domenica non possiamo vivere».
La protesta
Il concetto dell’indispensabilità della Messa è stato ribadito con forza domenica scorsa da quanti si sono riversati fuori da alcune importanti chiese del Paese. È bastato un tam-tam sui social per radunare numerosi fedeli e rendere efficace l’iniziativa. Almeno 500 persone hanno affollato la piazza adiacente la Cattedrale di Nantes, intonando cori religiosi intervallati dal grido «Rendez-nous la Messe!», «ridateci la Messa!». Una fedele presente ha sottolineato che «la grazia della Messa non passa attraverso il 4G, così come la comunione». Insomma, gli strumenti digitali sono un surrogato, non una valida alternativa. Centinaia di cattolici hanno presidiato anche davanti la cattedrale di Versailles, rispondendo all’appello lanciato sul web da tre studenti.
E non è finita
Il Consiglio di Stato, nell’emettere la sentenza di sabato scorso, ha anche tenuto conto del fatto che le misure vigenti, entro lunedì prossimo, 16 novembre, «saranno oggetto di un riesame sulla loro adeguatezza e proporzionalità, che presuppone l’avvio di una consultazione con tutti i rappresentanti delle religioni». Molti osservatori ritengono, però, che il governo non abbia fretta di trovare una soluzione. È così che domenica prossima sono previste nuove e ancora più numerose adunate in tutta la Francia, senza contare le decine di iniziative di preghiere in piazza che partono oggi e coinvolgono anche Notre Dame di Parigi.
«Una assurdità»
Che vi sia una certa vivacità in ambito cattolico lo conferma anche il responsabile dell’edizione in lingua francese di “iFamNews”, nonché direttore del sito conservatore Le Salon Beige, Guillaume de Thieulloy. Il divieto di celebrare le Messe con i fedeli era già stato attuato in Francia durante il primo lockdown. Anche in quell’occasione erano state indirizzate al Consiglio di Stato circa 26 azioni legali, tra cui una della Conferenza episcopale. De Thieulloy vi aveva aderito. «Abbiamo perso, ma è chiaramente un’assurdità», afferma ora. «Abbiamo il diritto di entrare in 30 in una chiesa, ma non di partecipare alla Messa; possiamo andare a scuola o al centro commerciale ma non a Messa. E il Consiglio di Stato ci ha chiesto di dedicarci al “culto individuale”, qualunque cosa questa espressione significhi».
E in Italia?
«Domenica scorsa», prosegue de Thieulloy, «ci sono state due o tre manifestazioni, ma domenica prossima saremo molti di più, ci saranno almeno dieci presidi, il movimento è in crescita». Chissà che l’attivismo dei cugini francesi non possa essere presto d’esempio per gli italiani: dopo le polemiche della scorsa primavera per la sospensione delle Messe anche nel Belpaese, l’aria di un nuovo lockdown nazionale e la premura di alcune diocesi a chiudere preventivamente sono due sentinelle d’allarme da non sottovalutare.
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