“Suicidio assistito in meno di un mese: è la proposta di legge di iniziativa popolare depositata dall’Associazione Luca Coscioni in sette regioni d’Italia che potrebbe arrivare in aula in Emilia-Romagna nel giro di poche settimane. Dove i radicali sperano di trovare il varco per una normativa nazionale. Una proposta avanzata quasi in sordina, mentre l’attenzione mediatica veniva catturata dai sempre più numerosi viaggi in Svizzera del “soccorso civile” fondato da Marco Cappato: Elena, Romano, Massimiliano e, pochi giorni fa, Paola, l’89enne bolognese malata di Parkinson che l’8 febbraio è stata accompagnata a morire oltreconfine. Come gli altri, Paola non era tenuta in vita da alcun trattamento di sostegno vitale e non sarebbe rientrata nei requisiti indicati dalla Corte costituzionale nella sentenza Dj Fabo/Cappato del 2019 per accedere al suicidio assistito: da qui la trasferta in Svizzera, seguita dall’ennesima autodenuncia degli attivisti, dalla copertura dei media e dagli appelli perché nessuno più faccia “la fine” della donna, «costretta a ricorrere al suicidio assistito all’estero» a causa della «discriminazione tra malati» scaturita dalla depenalizzazione «solo a determinate condizioni» dell’aiuto al suicidio da parte della Consulta. Sono dichiarazioni di Filomena Gallo che ha annunciato nuove disobbedienze civili finché il Parlamento non emanerà una legge «adeguata» sul fine vita. […]
La proposta di legge regionale identifica dunque limiti temporali perentori (venti giorni al massimo) perché gli organi di competenza verifichino il possesso dei requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale e sia garantito ai pazienti l’accesso al suicidio assistito (entro una settimana dalla chiusura della relazione finale dell’Asl incaricata di vagliare la richiesta). Sancisce inoltre che tutte le prestazioni e i trattamenti siano a carico dello Stato.
“Pazienti”, “prestazioni”, “trattamenti”, perché per i radicali il suicidio assistito è a tutti gli effetti una «terapia» da erogare «attraverso il sistema sanitario nazionale e quindi attraverso i fondi regionali». Così dicono gli incartamenti depositati a fine dicembre e al vaglio della Consulta di garanzia statutaria nominata dall’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna. Una Regione a guida Pd, con un presidente in campagna per le primarie per il quale i cattolici dem non vogliono rappresentare un problema, e dove è facile immaginare ripongano le maggiori aspettative i Coscioni. {…}
L’idea di sostituirsi o precedere il Parlamento non è condivisa nemmeno all’interno della maggioranza, dove il placet della Consulta è dato per scontato e si parla già di durissimo scontro. Nel frattempo, Regione per Regione, avvalendosi dei diversi strumenti di iniziativa popolare, i radicali hanno oliato e avviato la macchina della legge arruolando fin dal mese scorso volontari e autenticatori per la raccolta firme ovunque lo consentano gli Statuti regionali: Abruzzo, Liguria, Lombardia, Piemonte, Toscana e Veneto le regioni candidate con l’Emilia-Romagna a fare da apripista al suicidio assistito in Italia.”
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