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29 aprile, quando il clero polacco divenne martire della libertà religiosa

Nel giorno del 75° anniversario della liberazione di Dachau, una memoria doverosa e sentita

Wlodzimierz Redzioch di Wlodzimierz Redzioch
29/04/2020
in Cultura
669
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Last updated on aprile 30th, 2020 at 12:38 pm

Entrambi i totalitarismi del secolo XX, il comunismo e il nazionalsocialismo, hanno abolito la libertà religiosa, perseguitando le Chiese e il clero. L’esempio palese è la Polonia, anche durante la Seconda guerra mondiale: quasi 3mila sacerdoti polacchi sono infatti stati uccisi dagli occupanti tedeschi e sovietici. Proprio oggi, 29 aprile, ricorre il 75° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Dachau, in Germania, dove i nazionalsocialisti tedeschi imprigionarono 1773 tra sacerdoti e vescovi polacchi, uccidendone 868. Per questo la Chiesa Cattolica polacca ha istituito proprio questa data come «Giornata del Martirio del clero polacco durante la Seconda guerra mondiale».

Il campo di Dachau è stato il primo dei campi di sterminio della Germania nazista. Fu aperto nel marzo 1933 su iniziativa di Heinrich Himmler (1900-1945), allora capo della polizia in Baviera, per la detenzione dei nemici di Adolf Hitler (1889-1945) e del nazismo. Qui veniva anche addestrato il personale impiegato in tutti i campi di concentramento eretti man mano sia in Germania sia nei territori occupati dal Terzo Reich, specialmente in Polonia. E proprio qui fu per la prima volta posta al cancello dell’ingresso la beffarda scritta in ferro battuto «Arbeit macht frei», «Il lavoro rende liberi»,  che successivamente fu issata anche nel campo di sterminio di Auschwitz, in Polonia. Dopo lo scoppio della guerra qui venivano portati anche i prigionieri politici e la gente arrestata nei rastrellamenti dai Paesi occupati. Tanti prigionieri provenivano dalla Polonia, giacché il regime voleva eliminare fisicamente le élite della Polonia occupata (intellighenzia, ufficiali, clero) e ridurre la popolazione a pura manodopera a basso costo.

Negli anni del suo funzionamento, dal 1933 al 1945, a Dachau furono rinchiusi circa 250 mila prigionieri, di cui 150 mila morirono di malattie, stenti, torture e, a partire del 1942, a causa dei terribili esperimenti effettuati dai medici del campo. Tanti ammalati venivano trasportati nelle camere a gas nel paesino austriaco di Hartheim, vicino a Linz. A Dachau venivano portati, come detto, anche i sacerdoti: in totale ne furono internati 2794, di cui 1773 polacchi e di questi 868 ammazzati. Per questo il campo è diventato il luogo principale del martirio del clero polacco. Tra gli uccisi c’erano anche due vescovi: Michał Kozal (1893-1943), vescovo ausiliare di Wrocław ‒ beatificato da Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005) il 10 giugno 1987 ‒ e Władysław Goral (1898-1945), vescovo di Lublino. A Dachau una persona uccisa su tre era di nazionalità polacca.

Il 22 aprile 1945, alla vigilia della fine della guerra, i sacerdoti polacchi ancora in vita a Dachau fecero un atto di affidamento a san Giuseppe, recitando un’umile preghiera per la salvezza. Come il piccolo Gesù fu salvato da san Giuseppe dal pericolo mortale che veniva da Erode, anche loro affidavano le proprie vite al padre putativo di Cristo, rivolgendosi in particolare a quello venerato del santuario di Kalisz, nella Polonia centrale. Ed esattamente una settimana dopo furono salvati: il 29 aprile l’esercito degli Stati Uniti d’America arrivava a Dachau, aprendone i cancelli.

Fu una liberazione davvero provvidenziale, perché i tedeschi progettavano la distruzione totale del campo nella notte tra il 29 e 30 aprile. Da allora ogni 29 aprile i sacerdoti sopravvissuti all’inferno di Dachau hanno celebrato la Messa di ringraziamento nel santuario di san Giuseppe di Kalisz. Purtroppo oggi non è rimasto in vita nessun sacerdote di quanti sono stati prigionieri a Dachau, ma per mantenere viva la memoria del loro martirio nell’inferno nazista, martirio che è stato una pagina gloriosa nella storia della Chiesa, dal 2002 l’episcopato della Polonia ha stabilito che il 29 aprile si celebri la Giornata del Martirio del clero polacco. Purtroppo quest’anno il tradizionale pellegrinaggio dei sacerdoti polacchi al santuario di san Giuseppe è stato cancellato a causa dell’epidemia di coronavirus. Ma il 29 aprile alle 12.00 sarà celebrata una solenne Eucaristia presieduta dall’arcivescovo emerito di Wrocław, mons. Marian Gołębiewski.

Tags: comunismoKaliszLibertà religiosamartirioMichal Kozalsan GiuseppeWladyslaw Goral
Wlodzimierz Redzioch

Wlodzimierz Redzioch

Wlodzimierz Redzioch è nato a Czestochowa, in Polonia. Dal 1981 al 2012 ha lavorato a L’Osservatore romano e dal 1995 è corrispondente dal Vaticano e dall’Italia per il settimanale cattolico polacco Niedziela. Per la sua attività di vaticanista il 23 settembre 2000 ha ricevuto in Polonia il premio cattolico per il giornalismo «Mater Verbi» e il 14 luglio 2006 Papa Benedetto XVI gli ha conferito il titolo di commendatore dell’Ordine di San Silvestro Papa. Autore di diversi volumi, in occasione della canonizzazione di Papa Giovanni Paolo II ha pubblicato Accanto a Giovanni Paolo II. Gli amici e i collaboratori raccontano (Ares, Milano 2014), con 22 interviste, compresa la testimonianza d’eccezione del Pontefice emerito. Collabora con varie agenzie di stampa cattoliche italiane.

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