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Timeo Sinos et dona ferentes

Per reprimere e perseguitare anzitutto i credenti, il regime neo-post-comunista cinese sfrutta anche la pandemia

Barbara Santambrogio di Barbara Santambrogio
15/03/2020
in Politica
375
Reading Time: 6 mins read
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Mascherine sanitarie per proteggersi dal coronavirus

Image by Macau Photo Agency from Unsplash

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Last updated on marzo 18th, 2020 at 03:33 pm

Il regime comunista cinese è la dittatura di un uomo, il presidente Xi Jinping, che è il Partito, che è lo Stato. È una macchina di persecuzione, repressione, censura. Il fatto era già ben noto, ma in questa situazione di preoccupazione, se non di panico, a livello addirittura internazionale sta emergendo in modo sempre più chiaro.

Lo racconta bene Giulio Meotti sul quotidiano Il Foglio, lo raccontano quotidianamente le inchieste, le interviste, le testimonianze che giungono direttamente al magazine per i diritti umani e la libertà religiosa in Cina Bitter Winter, online da maggio del 2018, in cinque lingue.

Il Partito Comunista Cinese (PCC) non si tira indietro davanti agli espianti di organi illegali e forzati, agli aborti selettivi ai danni delle bambine, alla detenzione di tre milioni di cittadini di etnia uigura secondo le statistiche più aggiornate (incarcerati perché credenti, musulmani), più migliaia di altri appartenenti a minoranze turcofone, principalmente ma non solo kazaki (imprigionati per la stessa ragione),  nei campi dello Xinjiang, che il regime chiama, graziosamente, “campi per la trasformazione attraverso l’educazione” e che spaccia per centri di avviamento professionale.

Certamente il Partito non si tira indietro neppure quando si tratta di stravolgere a proprio vantaggio la difficile situazione creata ormai a livello mondiale dalla pandemia COVID-19, secondo traiettorie distinte che finiscono però per intrecciarsi.

Censura e propaganda

Come d’abitudine, giornalisti, comuni cittadini e netizen hanno la bocca forzatamente cucita: il regime impone chi possa parlare, quando possa farlo, cosa sia permesso dire. Le informazioni provengono esclusivamente dall’agenzia di stampa ufficiale Xinhua e dalle conferenze stampa del ministero della Salute. Giornali e siti web non possono fare altro che riprendere tali notizie, è assolutamente vietato raccogliere interviste o parlare con i familiari dei malati in ospedale. E i dati, a quanto pare, sono artatamente calibrati per non generare panico nel Paese e celebrare le vittorie del Partito nella lotta al morbo. 

È noto il caso di Li Wenliang (1986-2020), il medico, purtroppo poi deceduto per avere contratto il coronavirus, convocato, ammonito e tacitato per avere detto la verità sull’insabbiamento delle prime denunce della gravità della situazione sanitaria in Cina e del timore di un’epidemia, quale in effetti è. Ma non è stato il solo, e molte altre persone sono state imbavagliate affinché non rivelassero in patria e al mondo le responsabilità di Pechino nel nascondere per lungo tempo la realtà del contagio a Wuhan.

L’altra faccia della medaglia è quella della propaganda, che incensa Xi Jinping, leader ed eroe, novello Mao Zedong (1893-1976), uomo solo al comando, traghettatore della Cina dalla crisi della malattia alla sicurezza e alla salute. Oltre a celebrare tutte le importanti e risolutive azioni di contenimento e di cura messe in atto nel Paese grazie al pronto e provvido intervento del presidente, Pechino che è abitualmente pronta a “sinizzare” tutto, imponendo il proprio timbro a ogni aspetto della realtà, in questo caso fa la mossa contraria e “de-sinizza” il morbo, lo definisce ‒ clamorosamente ‒ “italiano” o “iraniano” o “giapponese”, ne attribuisce le responsabilità, anzi, la colpa, agli Stati Uniti d’America.

La persecuzione

E poi, particolarmente odiose sono la repressione e la persecuzione, che mietono vittime principalmente fra i credenti: non è una novità che il PCC vessi e opprima i fedeli, di ogni religione, “approvata” o meno dallo Stato.

Nelle circostanze attuali, ancora più tragico si rivela il giro di vite imposto ai credenti: chiusi per evitare assembramenti pericolosi i luoghi di culto cristiani, ma attivi e vivaci gli incontri per celebrare la memoria del presidente Mao, misteriosamente utili a debellare il morbo. I cristiani vengono perseguitati con durezza, accusati di creare disordini e di turbare l’ordine del Paese solo per avere pregato per i malati o contro il diffondersi dell’epidemia. Persino online è assolutamente vietato diffondere preghiere, sermoni, testi religiosi.

I fedeli della Chiesa di Dio Onnipotente (il nuovo movimento religioso di origine cristiana che oggi sta subendo, numericamente, la persecuzione maggiore), perseguitati in patria e alla ricerca di asilo nei Paesi democratici, si trovano a vivere una situazione ancora più difficile del solito: il timore del coronavirus e della sua diffusione ostacola ulteriormente il rilascio dei permessi di residenza in Europa, in Corea del Sud e negli Stati Uniti, mentre favorisce drammaticamente le espulsioni e gli atti di intolleranza per chi fosse già stato accolto.

Poche notizie lievemente più confortanti sembrano venire dal mondo cattolico cinese, abitualmente sottoposto a pressioni violente per costringerlo ad aderire alla Chiesa Cattolica “ufficiale” approvata e gestita dallo Stato, cui viene concesso per il momento di adoperarsi per fronteggiare la situazione così complessa con attività benefiche e assistenziali. Ma fino a quando?

Pechino non si tira indietro davanti a nulla. In Cina i diritti umani non sono che il simulacro di quanto al contrario l’Occidente da tempo immemore promuove e sostiene. I pericoli, nelle condizioni attuali di panico e di difficoltà, rischiano di aumentare, e già si parla piuttosto chiaramente di espianti di organi tutt’altro che trasparenti, che non fanno che confermare le accuse che da tempo il China Tribunal (un tribunale internazionale indipendente con sede a Londra) muove al Paese del dragone.

E l’Italia?

Per quanto riguarda Roma, i rapporti con Pechino sono stati ben saldati alcuni mesi fa, benché non siano mancate le polemiche e le effettive perplessità rispetto al reale peso dell’accordo, più politico che economico, e ci si è avviati a grandi passi sulla cosiddetta «nuova Via della Seta».

Così, il Belpaese si è ritrovato inaspettatamente destinatario di una fornitura importante di mascherine sanitarie, tute protettive, kit per i tamponi e ventilatori polmonari, per far fronte all’emergenza sanitaria in corso. La notizia è stata ripresa dai quotidiani con qualche esitazione e non solo con fanatico entusiasmo, dal momento che, al netto del vantaggio di avere a disposizione materiali necessari in più, occorrerebbe forse fare chiarezza, se, come sembra, tale materiale non costituisse il cadeau che il presidente Xi Jinping vuol far credere che sia, bensì una fornitura della Croce Rossa cinese a quella italiana, una sorta di scambio assolutamente normale nell’ambito di un network internazionale.

Anche per quanto riguarda la questione della gratuità di quanto giunto in aereo in Italia, vi sono alcune perplessità e si è sollevato il dubbio che si tratti in realtà di beni legati a una commessa che verrà inviata successivamente. 

In ogni caso, chi dice in dono, chi sostiene a pagamento… A pagare, di sicuro, sono stati i cittadini cinesi, privati della libertà di parola, della libertà di coscienza, della libertà religiosa.

Tags: CinacomunismoCoViD-19ItaliaLibertà religiosaXi Jinping
Barbara Santambrogio

Barbara Santambrogio

Dopo un percorso lavorativo originale e variegato, nel campo della pubblicità e dell’editoria, ma anche nel mondo enologico, è approdata finalmente a occuparsi di quanto più la appassiona. Oggi scrive (per il web, ma non solo), si occupa di traduzioni e insegna nella scuola primaria. Mamma biologica e adottiva, ama leggere e il running.

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