Last updated on Luglio 24th, 2021 at 11:16 am
Oggi cade la Giornata internazionale delle persone con disabilità. Sarebbe importante che delle persone affette da disabilità non ci si ricordasse, come invece purtroppo per lo più avviene, solamente oggi. Eppure oggi è comunque una giornata importante per soffermarsi almeno un momento su questo tema.
La politica, per esempio, dei disabili si interessa molto male.
Prendiamo il «ddl Zan», approvato alla Camera e ora pendente in Senato. È l’epilogo di un percorso politico altamente ideologico. Lo dimostra rotondamente quanto previsto negli articoli 2, 3 e 5, l’emendazione dell’articolo 604-bis e 604-ter del Codice penale e l’integrazione del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, poi legge 25 giugno 1993, n. 205, meglio nota come «Legge Mancino».
Già dal titolo, Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità, non è difficile riscontrare nella parola «disabilità» un corpo assolutamente estraneo alla totalità del contesto significativo.
L’identità della persona ‒ ricorda lo psicoanalista e psicologo francese Jacques Lacan (1901-1981) ‒ inizia nella cosiddetta «fase dello specchio», durante la quale la personcina che muove i primi passi percepisce di non essere un tutt’uno con la propria mamma, ma una singolarità unica, sebbene rispecchiata nell’altro, senza il quale, per definizione, non vi sarebbe né identità né tantomeno orientamento sessuale, anche se sarebbe stato preferibile dire affettivo. Ora, cosa c’entra una categoria definitoria tanto eterogenea di condizioni anatomofisiologiche come la disabilità con la costruzione identitaria di una persona che si determina nella relazione con gli altri e con la cultura di appartenenza? E che cosa significa esattamente «disabilità» per il legislatore? Perché nel dibattito pubblico e mediatico che ha accompagnato la gestazione di questa proposta di legge non c’è stata traccia di questa “categoria” che si vorrebbe ora, tardi, preservare dall’odio e dalla discriminazione?
Forse perché dopo si sarebbero accesi i riflettori su tanti e tanti problemi che la stessa politica e le istituzioni preferiscono pudicamente nascondere sotto un velo di indifferenza. E poi, quali sono state le misure, gli interventi sostanziali rivolti alla disabilità, ancor più intellettiva e relazionale, durante i tanti provvedimenti di questo periodo pandemico? Salvo qualche accenno di circostanza, quale dichiarazione governativa, quale polemica mediatica tra le forze politiche che battibeccano quotidianamente, hanno avuto come oggetto principale le condizioni e le esigenze di milioni di famiglie dove sono accolte le persone disabili? Non si vuole parlare di strumentalizzazione da parte del «ddl Zan», che non esita a sfruttare persino i disabili per promuovere l’ideologia gender e imporre l’illiberalità con il pretesto della liberazione? Bene. Ma allora va rilevato quello che è quantomeno cattivo gusto e riferimento improprio a un insieme di persone che non hanno affatto bisogno di essere difese da discriminazione e violenza presunte, quanto piuttosto dall’indifferenza. A cominciare da quella delle istituzioni.