Il 25 settembre gli italiani hanno votato per scegliere il nuovo governo e la composizione del parlamento. Ha vinto, con grandissimo margine, la coalizione di Centrodestra. Dentro di essa ha ottenuto un risultato enorme Fratelli d’Italia (FdI), il partito più di destra della coalizione. Il risultato ottenuto da FdI in questa consultazione elettorale è vieppiù importante, se si tiene conto delle percentuali registrate da quella formazione nelle consultazioni elettorali nazionali precedenti.
Dunque, per la prima volta nella repubblica italiana, un partito di destra ottiene (di nuovo: con margini enormi) la maggioranza dei suffragi. Al contempo la consultazione del 25 settembre ha ridimensionato ampiamente tutte le opposizioni di sinistra e radicali, ma anzitutto il Partito Democratico (PD), erede dell’ex Partito Comunista Italiano più pezzi della Sinistra interna all’ex Democrazia Cristiana (e transfughi eccellenti come Pierferdinando Casini, che a lungo ha guidato un pezzo dell’ex DC allora confluito nel Centrodestra), che scende sotto la soglia psicologica del 20%. Il PD resta il secondo partito italiano e il primo della coalizione di Centrosinistra, e di tutte le altre formazioni, singole o coalizzate del progressismo, ma con questo suo primato resta comunque paralizzato. La politica, del resto, non si fa con le statistiche e le graduatorie. In democrazia si fa ancora con i numeri e chi ne ha di più governa.
Il mandato che gli italiani hanno consegnato al Centrodestra, in specie a FdI, in particolare al suo leader, Giorgia Meloni, primo ministro in pectore, è netto e di portata enorme. Non solo: è carico di responsabilità. Il nuovo governo dovrà amministrare il bene del Paese. Scontato? In teoria. Ma la politica ha abituato gli italiani (e non solo) al ridicolo e la Sinistra li ha abbandonati al ludibrio. Per la Sinistra, infatti, amministrare bene il Paese significa trascinarlo per le orecchie lungo la strada acuminata di pietre aguzze delle proprie politiche ideologiche, con la pretesa costante dei “liberatori” perenni: quelli che la sanno sempre più lunga della realtà, perché sono l’avanguardia che non fa sconti, e che se la gente li segue bene, sennò loro hanno il diritto di imporsi sulle volontà perché sono i “migliori”. Ecco, il nuovo governo dovrà fare l’esatto contrario di questo. Dovrà inginocchiarsi non alla gente, ché il populismo è la maschera della demagogia, ma alla realtà e alla natura delle cose che è sempre se stessa nonostante le ubbie degli uomini.
La politica del nuovo governo non dovrà strafare. Dovrà riconoscere e servire, obbedire e assecondare. Cosa? La ragione e il buon senso, l’identità italiana e le famiglie che sono il tesoretto del nostro Paese. L’umano, cioè, nel suo insieme più vero, bello e normativo.
«iFamNews» non ha alcuna pretesa e starà soltanto a guardare. Giudicherà i fatti.
Intanto prende atto sempre dei fatti. La Sinistra che calpesta il diritto alla vita e la famiglia naturale, che straparla di sessualità e di gender, che attenta all’incolumità dei minori propagandando l’ideologia LGBT+ sin dalle scuole, che considera l’eutanasia e la droga libera come passi di civiltà, è stata sonoramente sconfitta non da un esercito di invasione proveniente da Marte ma dalla maggioranza delle casalinghe di Voghera e dei bottegai, delle partite iva e dei giovani, degli anziani e del ceto medio se esiste ancora: dagli italiani, cioè, studi, arcistufi, sempre più stufi di una politica vergognosa tesa quotidianamente a procurare il male comune pagandolo di tasca nostra.
Prendiamo atto anche della volontà di Giorgia Meloni non di cancellare l’iniqua Legge 194, come noi invece vorremmo, ma quanto meno di non considerare l’aborto come una scelta obbligata. Poco? Be’, è il massimo che si sia mai udito da quando la 194 fu sciaguratamente approvata nel 1978 nell’Italia democristiana a guida democristiana. La Meloni chiede non di rendere l’aborto illegale, come vorremmo noi, bensì che non sia più l’unica possibilità di fronte a una gravidanza per mille motivi difficile e al posto di questo prevedere seriamente anche vie diverse per la donna che non siano il dare la morte all’innocente che ella porta in grembo.
Prendiamo atto del fatto che per il governo che Giorgia Meloni auspichiamo (almeno per questi motivi) si appresti a guidare l’ideologia gender è una follia, il che non significa affatto mancare di rispetto ad alcuno, bensì fermare uno scempio: lo scempio, per esempio, che ne deriva in ambito educativo, lavorativo, familiare, e su quei piani farmaceutico e chirurgico che storpiano le persone per sempre.
Prendiamo atto che nel nuovo governo non ci saranno ministri disfattisti contro vita e famiglia ed educazione quali Roberto Speranza, Elena Bonetti e Luciana Lamorgese. E prendiamo pure atto del fatto che la terza carica dello Stato, il nuovo presidente della Camera dei deputati, sia Lorenzo Fontana, il quale considera negativamente l’aborto e l’ideologia gender come facciamo noi. Inoltre prendiamo atto del colpo di coda del governo uscente, presieduto dal Mario Draghi che a suo tempo ripropose agli italiani la polpetta avvelenata Speranza-Bonetti-Lamorgese, il Draghi sostenuto da tutti i partiti italiani, tranne FdI, compresi alcuni che il 25 settembre hanno vinto le elezioni in coalizione con FdI. Uscendo di casa, Draghi ha imposto in finis l’agenda LGBT+ al paese attraverso il varo della Strategia Nazionale Lgbt+ per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere (2022-2025) dell’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull’origine etnica del Dipartimento per le Pari opportunità.
Sul governo che sta per nascere «iFamNews» continua a non farsi illusioni, ma chiede ad alta voce e senza gridare al nuovo governo di mettere al centro della politica i diritti non negoziabili di vita, libertà religiosa, famiglia e libertà di educazione. Non chiede al governo di fare per disfare, di sostituirsi, di occupare: chiede di lasciar fare, di rispettare la libertà degli italiani e di riconoscerne l’identità umana e culturale, la dignità e il valore. Lo chiede al nuovo governo di Giorgia Meloni come lo chiederebbe a qualunque governo, la differenza essendo il padiglione auricolare dei destinatari.
Ci rasserenano alcune impostazioni annunciate della vigilia, ci confortano alcuni precedenti (come il discorso pronunciato dalla Meloni al Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona nel 2019, che qui riproponiamo). Questo ci basta per assicurare, nel nostro piccolo, il controllo vigile e costante su quanto verrà fatto, in un’epoca in cui gli sconti non sono di moda. Ma è fuori dubbio che un passo avanti, significativo, forse molto, rispetto al 24 settembre l’Italia autentica lo ha compiuto.
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