Correva l’8 luglio 2019 e il Segretario di Stato degli Stati Uniti d’America, Mike Pompeo, annunciava al Paese e al mondo nientemeno che la creazione, all’interno del Dipartimento di Stato, di una Commissione sui diritti umani con il compito di mettere ordine e di razionalizzare la “creatività” con cui la civiltà contemporanea sta cercando di trasformare ogni pulsione individuale e ogni capriccio ideologico in diritto intangibile mentre la natura inalienabile viene calpestata quotidianamente.
Un’americanata, forse complice il caldo estivo. Infatti non se n’è saputo più nulla: solo un’arma di distrazione di massa. E invece no. A un anno di distanza, Pompeo ha presentato al Paese e al mondo ‒ il 16 luglio, durante la convention del Partito Repubblicano in vista delle elezioni presidenziali di novembre ‒ la bozza finale proprio dell’atto costitutivo della Commissione sui diritti inalienabili (questo il nome ufficiale dell’organismo) firmata all’unanimità dai suoi 11 componenti. C’è margine ancora per qualche contributo di dettaglio, ma l’americanata è già diventata una realtà solida.
La spettacolare Mary Ann Glendon
Sempre come promesso un anno fa, a guidare la Commissione sarà la spettacolare Mary Ann Glendon, vale a dire colei che nel 1995 guidò la delegazione vaticana alla quarta Conferenza mondiale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite sulle donne svoltasi a Pechino (che sponsorizzò magnificamente il “diritto di aborto” nel mondo), che nel 2000 è diventata presidente dell’Accademia pontificia delle scienze sociali, che nel 2002 è entrata nel Consiglio presidenziale per la bioetica del presidente George W. Bush Jr., che dal 2007 al 2009 è stata ambasciatrice statunitense presso la Santa Sede e che nel 2009 ha rifiutato una onorificenza dalla University of Notre Dame di South Bend, in Indiana, cattolica, poiché a presiedere la cerimonia era stato invitato il presidente Barack Obama, grande sponsor del “diritto di aborto”. Dal 2014 la Glendon è membro del Consiglio di sovrintendenza della Pontificia commissione referente sull’Istituto per le opere di religione e suo è un libro importante, Verso un mondo nuovo. Eleanor Roosevelt e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, il quale, in soldoni, è l’analisi dell’origine culturale di quel documento anche per capire come e dove un’idea ottima sia naufragata spesso nel suo contrario.
Gli occhi azzurri
La Commissione sui diritti inalienabili separerà finalmente il grano dal loglio, cestinando quella pletora di bla bla che oggi vengono spacciati per diritti e che invece producono soltanto la crescita esponenziale delle discriminazioni e dei razzismi. Se infatti è un diritto umano pensare di cambiare gender a ogni giro di vento, perché allora non lo sarebbe volere gli occhi azzurri, pretendere di essere sani e perfetti o magari ariani?, con la conseguenza di censurare e punire chi pensa che un uomo sia un uomo e una donna una donna da quando nasce a quando muore, che gli occhi azzurri siano bellissimi ma pure che chissenefrega, che volere essere sani a tutti i costi sia una follia e che credere nella superiorità ariana sia criminale.
Nessuna invenzione
Il discorso di Pompeo del 16 luglio merita però attenzione extra, là dove il segretario di Stato dice, dopo avere fatto riferimento a considerazione analoga svolta dal cardinal Timothy M. Dolan, arcivescovo cattolico di New York, che «[…] i Padri fondatori degli Stati Uniti non hanno inventato i “diritti inalienabili”, ma nella Dichiarazione d’indipendenza affermano con grande chiarezza essere “auto-evidente” che gli esseri umani siano stati “creati uguali” e “dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili […] fra i quali la vita, la libertà e il diritto al perseguimento della felicità”».
Auspico che i lettori di “iFamNews” apprezzino la meraviglia sottile e sublime di queste parole: gli Stati Uniti né inventano alcunché, né nascono sotto il cavolo. Sono figli di una lunga e ricca tradizione di pensiero e di princìpi, che, ultimo in ordine di tempo, Pompeo riconosce come «idea profondamente biblica» (come mi auguro che tutti notino come il diritto alla vita sia la top priority dell’identità culturale del Paese).
“Libberali”
Del resto, quando poi Pompeo, nel medesimo discorso, afferma che fino al 1776, data di nascita degli Stati Uniti e di promulgazione della fatale Dichiarazione d’indipendenza, il mondo aveva vissuto nella brutalità dice il vero. Ma non lo dice da “libberale” che immagina che il 1776 sia il punto e a capo, l’orgia del nuovo che trionfa: lo dice nel senso che, fino a quel momento, nessuno Stato (e gli Stati vero nomine sono solo quelli moderni) era stato fondato su questa idea politica con lucidità e con coscienza, pur essendo essa anticamente virtuosa e virtuosamente antica. Non dice, cioè, che quell’idea non esistesse o che non fosse stata il faro illuminante di nazioni, popoli, società e anche realtà politiche organizzate. Dice che prima non ve n’era una certificazione in carta bollata e che dunque chi avesse fatto carne di porco di quel che ci sta scritto avrebbe sempre potuto giustificarsi nel foro competente.
Gli Stati Uniti ‒ di nuovo ‒ non inventano nulla: dichiarano al mondo moderno di essere una realtà ben precisa in un momento storico in cui il relativismo è già dottrina comune. Per certo, dice Pompeo, non la Rivoluzione Francese (1789-1799) ‒ come il pensiero “libberale” pretende ‒ ha creato i diritti umani: semmai essa ha dato il via a quell’inferno terrestre giunto oggi a un punto tale da avere bisogno della falce della Commissione sui diritti inalienabili. È in momenti come questi che si ha la percezione netta, interiore, persino metafisica che la ricostruzione sia già cominciata nonostante la devastazione sembri avere travolto qualsiasi oasi.
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