Last updated on Gennaio 28th, 2021 at 01:05 pm
Oggi i deputati del Partito Democratico cercheranno di forzare gli eventi, proponendo l’impeachment d’urgenza del presidente degli Stati Uniti d’America Donald J. Trump. Dovessero fallire, proveranno a rimuovere il presidente sulla base di quanto previsto dal XVV Emendamento alla Costituzione federale. È un tentativo risibile e ridicolo in entrambi casi. L’impeachment per cosa, infatti? Per avere istigato le violenze e i disordini del 6 gennaio al Campidoglio di Washington. Ma l’aspetto risibile e ridicolo è proprio questo.
Trump non ha affatto incitato la folla alla violenza. Mai. Nel discorso pronunciato davanti alla Casa Bianca prima dei disordini Trump ha invitato il pubblico a recarsi al Campidoglio pacificamente: «I know that everyone here will soon be marching over to the Capitol building to peacefully and patriotically make your voices heard».
È così, ma anche se non fosse stato così, nemmeno un discorso incendiario violerebbe i diritti garantiti alla libertà di espressione dal Primo emendamento. Tutti gli americani lo sanno. Da ultimo lo spiega, molto bene, un commentatore al di sopra di ogni sospetto, Eugene Volokh, docente di Diritto nell’Università della California di Los Angeles, libertarian e per nulla tenero nei confronti di Trump, un uomo politico che egli giudica nientemeno che fallimentare.
Ma anzitutto lo sanno i Democratici, da Joe Biden e Kamala Harris, che sul punto mantengono per il momento un profilo strategicamente basso, a Nancy Pelosi, che invece è la capofila dei capibastone. Sanno cioè che trascinare Trump (ancora) nell’impeachment è temerario e proditorio, eppure lo fanno, con ostinazione e cocciutaggine, perché l’impeachment è soprattutto un simbolo.
Mettere alla gogna, pur in extremis, in zona Cesarini, il grande nemico di sempre non ha prezzo. Riscatta quattro anni di denti stretti e finalmente centra l’obiettivo vecchio di quattro anni: dire con forza e chiarezza alla storia “Trump è illegittimo”. Fossi uno di loro benedirei i disordini del 6 gennaio da cui possono ora lucrare tantissimo.
Del resto l’impeachment serve anche come preservativo a sterilizzare ogni possibile rivalsa di Trump e del suo mondo. Qualora Trump non si perdesse dietro a se stesso, qualora riuscisse a non spaccare il fronte che lo ha sostenuto, qualora pensasse persino di avere un futuro politico ulteriore, magari correndo di nuovo per la Casa Bianca nel 2024.
È per questo motivo che, come annunciato, ho scritto a Trump. Ho scritto al presidente degli Stati Uniti per domandargli di ripensarci e di andare, se invitato, al Campidoglio per la cerimonia di insediamento di Biden e della Harris il 20 gennaio. Ci vada a testa alta: non ha nulla di cui vergognarsi. Ci vada fiero: il bene di cui è stato strumento è già nei libri di storia. Ci vada sicuro: una battaglia è persa, ma la guerra continua. Vita, famiglia e libertà autentiche hanno ancora bisogno di leader politici che nel mondo sappiano testimoniarle.
Se non lo avete ancora fatto, scrivete dunque anche voi a Trump. Oggi per il presidente uscente sarà una giornata complessa. Ma i messaggi degli amici sono sempre graditi proprio nei momenti più difficili.