Togliere il diritto di parola agli antiabortisti

È la proposta violenta avanzata da quattro europarlamentari in una lettera ufficiale al presidente Metsola. Una collega femminista e filoabortista risponde cippirimerlo

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C’è una lettera datata 28 giugno che circola dentro il Parlamento Europeo ed è lo spettro della violenza usata per negare la libertà, conculcare i diritti, zittire l’opposizione, fare del male agli altri.

La firmano quattro europarlamentari di Renew Europe, il gruppo politico liberale nato nel 2019, Samira Rafaela, Irène Tolleret, Sandro Gozi e Hilde Vautmans, ed è indirizzata al presidente del Parlamento Europeo, Roberta Metsola, pro life a corrente alternata. Prima di raggiungere l’empireo della politica europea, per esempio, molto, molto meno dopo.

Nella lettera i quattro europarlamentari chiedono alle istituzioni comunitarie di accanirsi contro chi non la pensa come loro, di imporre il bavaglio agli antagonisti, di censurare i “nemici”. Chiedono alla Metsola infatti di ritirare immediatamente, di vietare, di negare l’accredito ai «lobbyisti legati alle ONG dell’antiabortismo radical-conservatore» dopo che la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ha cancellato, settimana scorsa, il “diritto” federale all’aborto. Perché vogliono scongiurare che qualcosa di simile accada anche nei Paesi dell’Unione Europea.

«Le ideologie distruttive che limitano i diritti umani fondamentali», chiudono icasticamente la lettera gli europarlamentari liberali, «non appartengono al mondo della libertà di parola». «Ideologia distruttiva» sarebbe difendere la vita umana più fragile e indifesa, priva di tutele giuridiche e alla mercé della morte imposta dal più forte. «Diritti umano fondamentale» sarebbe sopprimere la vita umana più fragile e indifesa, priva di tutele giuridiche e alla mercé della morte imposta dal più forte. «Libertà di parola» sarebbe reclamizzare la soppressione della vita umana più fragile e indifesa, priva di tutele giuridiche e alla mercé della morte imposta dal più forte.

La violenza della richiesta è così evidente che, a stretto giro, alla prima firmataria, la Rafaela, ha risposto la vicepresidente del gruppo dei Conservatori e Riformisti, neerlandese nata nel Burkina Faso: «Cara collega, non ho firmato la tua lettera, anche se rispetto totalmente e sostengo attivamente il diritto all’aborto. Oggi tu vuoi negare l’accesso ai lobbysti anti-abortisti, domani qualcun altro vorrà negare l’accesso a tutti i lobbysti filo-abortisti. Semplicemente non è utile»: Firmato, con tanto di saluti, Assita Kanko, «europarlamentare e femminista». Che nel “tempio della democrazia” di Bruxelles si aggiri lo spettro della repressione e dell’oppressione è di una gravità inaudita; che dentro quel “tempio” ci sia chi comprende come repressione e oppressione siano sempre un male a prescindere consola almeno un po’. Come quando, in Italia, contro il famoso e famigerato «ddl Zan», insorsero benemeritamente anche le voci di alcuni esponenti LGBT+.

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