«Suicidio assistito»: il «ddl Bazoli» disprezza l’umano

Il commento, dopo l’approvazione di ieri alla Camera, dell’avvocato Domenico Menorello

Domenico Menorello

Domenico Menorello

Il «ddl Bazoli», approvato ieri alla Camera e passato quindi al Senato, si inserisce in quella zona d’ombra in cui, facendo di tutta l’erba un fascio, si parla e straparla a favore di eutanasia, di «suicidio assistito», di «omicidio del consenziente». Archiviato quest’ultimo dalla Corte Costituzionale, che ha giudicato «non ammissibile» il referendum che voleva forzare la mano alla politica chiedendo all’opinione pubblica di dichiararsi per l’abrogazione dell’articolo 579 del Codice penale italiano, resta comunque in lizza la via parlamentare.

L’escamotage è quello di «[…] dare compimento all’indirizzo della Corte Costituzionale nella sentenza 242/2019», così come espresso per il caso di Fabiano Antoniani, noto come DJ Fabo (1977-2017). Lo scopo di alcuni invece è quello di avanzare a grandi passi verso il baratro.

Il risultato del voto della Camera, al netto dei numeri che ne sono emersi e della spaccatura nella maggioranza, «era in realtà  piuttosto scontato», come dichiara ad «iFamNews» l’avvocato Domenico Menorello, dottore di ricerca in Filosofia del Diritto nell’Università degli Studi di Padova, socio del del Centro Studi Rosario Livatino (CSL), autore fra l’altro di un saggio particolarmente interessante intitolato Per un diritto antropologicamente fondato, di fronte al “cambio d’epoca” e pubblicato nel Fascicolo 2 – 2021 di L-Jus, periodico semestrale di approfondimento del CSL.

Avvocato Menorello, cosa si può fare ora che la Camera ha approvato il disegno di legge?

A prescindere da quanto accadrà in Senato, è fondamentale intensificare ogni azione utile a spiegare alle persone quale spettro di morte calerà sull’Italia. Cambierà lo sguardo su nostro padre malato, su nostro fratello che soffre di depressione, fino a pensare che sì, forse, forse «è meglio che se ne vada». Bisogna che ci si renda conto che la norma indirizza, non è neutra rispetto alla realtà, e il risultato sarà che la vita avrà valore finché segue i canoni degli spot pubblicitari, o finché si “funziona” e si è produttivi.

Lei ha nominato il caso di un «fratello depresso». Chi sostiene il ddl però afferma che non sarebbe questo il caso, che riguarderebbe solo situazioni gravissime e circoscritte, malattie irreversibili…

Non è vero, è la solita mistificazione. Il concetto stesso di irreversibilità è estensibile sino a toccare la disabilità, o la cronicità di alcune malattie. Si sposterà il confine, creando la categoria degli “inadatti”.

Vi è, a suo avviso, un modo per arginare questo che si configura come un vero e proprio disastro?

L’unico modo è quello che dicevo prima. Questa norma crea un’equazione per cui se “non funzioni”, non “vali”. Vogliamo davvero questo, questa visione dell’umano, per noi e per i nostri cari? Evidentemente no, ma occorre quindi spiegare le trappole insite nelle parole fintamente rassicuranti di questa legge e di chi la sostiene.

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