L’esame alla Camera del disegno di legge Bazoli-Provenza (dai nomi dei dure relatori, Alfredo Bazoli, del Partito Democratico, PD, e Nicola Provenza, del Movimento Cinque Stelle, M5S) sul cosiddetto «suicidio assistito» è rinviato alla prossima settimana. Così ha stabilito ieri l’assemblea di Montecitorio, con un «sì» che è prevalso di 196 voti. Come specificato dal vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, la prima seduta utile sarà quella a partire da martedì 15 febbraio e comunque dopo l’esame del decreto-legge sulla proroga dello stato d’emergenza CoViD-19.
Sui contenuti della bozza gli schieramenti sono ovviamente polarizzati. PD e M56 puntano ad approvare il provvedimento così come è uscito dalle Commissioni. «Questo è un testo che ha cercato di trovare un punto di mediazione. Non mi aspetto che il centrodestra voti a favore ma che non faccia ostruzionismo. E che alcuni esponenti votino in dissenso al gruppo», dichiara Provenza.
Nel PD, tuttavia, prevalgono i malumori. Secondo alcune indiscrezioni diffuse dal settimanle L’Espresso, una parte dei parlamentari Democratici nutrirebbe forte perplessità sulle cure palliative, inserite in Commissione grazie a un emendamento del Centrodestra. Trattandosi di terapie alla portata di «pochissimi cittadini in pochissime città», tale vincolo sarebbe ritenuto da alcuni deputati «di per sé discriminatorio».
Altro ostacolo percepito sia dai Democratici sia dai Radicali è l’esclusione dal quadro normativo dei malati oncologici e di tutti i pazienti sostanzialmente non terminali. Al punto che lo stesso Marco Cappato lamenta «i passi indietro su obiezione di coscienza, sofferenza psichica e cure palliative» da parte del centrodestra.
Sull’altro fronte la Lega rimane convintamente contraria all’intero disegno di legge, ma comunque decisa ad alleggerirlo con ulteriori emendamenti. La linea di Forza Italia è molto simile, seppure, come già avvenuto in passato su altri temi etici, sarà probabilmente lasciata libertà di coscienza ai parlamentari. Chi invece vuole opporsi frontalmente al disegno di legge è Fratelli d’Italia. Tanto è vero che la capogruppo Fratelli d’Italia in Commissione Affari Sociali, Maria Teresa Bellucci, dichiara: «Inserire le cure palliative nel testo senza alcun riferimento a uno stanziamento economico è strumentale e offensivo per una questione di etica e buon senso».
Due leggi, una sola mentalità eutanasica
Il ritorno in aula del ddl Bazoli-Provenza, come detto, è previsto a partire dal 15 febbraio: data significativa e strategica, dal momento in cui, in quel giorno, la Corte costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità del referendum dei Radicali per la depenalizzazione dell’«omicidio del consenziente».
Se sul piano politico-strategico non sono da escludersi contraccolpi sull’iter legislativo del ddl Bazoli-Provenza, sul piano giuridico i due piani vanno nettamente distinti.
Il disegno di legge, infatti, si prefigge di dare attuazione alla sentenza 242/2019 (scaturita dal caso Marco Cappato dell’anno precedente) avente ad oggetto l’articolo 580 del Codice penale, che disciplina l’aiuto al suicidio. Il referendum riguarda invece l’articolo 579 del Codice penale, che attualmente vieta l’«omicidio del consenziente».
È assolutamente lunare, dunque, pensare, come pure hanno suggerito taluni, che l’approvazione di una legge, seppur imperfetta, avrebbe potuto fare da detonatore al referendum o, in qualche modo, influenzare la decisione della Corte costituzionale. La totale distinzione tra la questione referendaria e quella legislativa è stata evidenziata in modo molto chiaro da giuristi come Alfredo Mantovano, vicepresidente del Centro Studi Rosario Livatino.
Un dato, comunque, è certo: sia il quesito referendario avanzato dai Radicali sia il disegno di legge in discussione alla Camera, non solo spalancano le porte dell’eutanasia in Italia, ma vanno anche ben oltre i reali intenti della Corte costituzionale.
La Consulta, infatti, aveva indciato al parlamento di legiferare, perché situazioni eccezionali come quella rappresentata dal caso di Fabiano Antoniani (1977-2017) alias Dj Fabo trovassero una propria disciplina giuridica. Entrambe le innovazioni, invece, generalizzano e banalizzano il concetto stesso di morte e, poiché le leggi hanno anche un valore pedagogico, finirebbero per impregnare l’intero Paese di una tristissima mentalità eutanasica.