Neanche in tempo di Amministrazione Biden e di Congresso interamente in mano ai Democratici l’aborto ha vita facile negli Stati Uniti d’America. Con 46 voti favorevoli e 48 contrari, il Senato ha infatti bocciato il disegno di legge sulla «protezione della salute delle donne». Era una mossa dei liberal per condizionare il pronunciamento della Corte Suprema federale atteso forse per giugno, che potrebbe ribaltare la sentenza Roe vs Wade del 1973.
Il Women’s Health Protection Health necessitava di una maggioranza qualificata di almeno 60 voti per superare l’ostruzionismo. Un senatore Democratico, Joe Manchin, ha votato contro, mentre sei senatori di ambedue i partiti non hanno votato.
Il disegno di legge era passato in settembre alla Camera dei deputati e, a detta dei suoi sostenitori, avrebbe rappresentato l’ultima possibilità per mantenere legale l’aborto in tutti i 50 Stati dell’Unione federale nordamericana. La Corte Suprema potrebbe ora permettere a 26 di quegli Stati di attivare leggi restrittive o addirittura abolitive dell’aborto.
Contro ogni buon senso scientifico
Obiettivo del Women’s Health Protection Health sarebbe stato quello di «proteggere la capacità di una persona di determinare se continuare o terminare una gravidanza» e di «proteggere la capacità di un operatore sanitario di fornire servizi di aborto».
In base a ciò, «un operatore sanitario ha il diritto legale ai sensi della presente legge di fornire servizi di aborto» e il suo paziente detiene il «corrispondente diritto a ricevere tali servizi», senza specifiche «limitazioni o requisiti».
Di conseguenza, il disegno di legge dei Democratici avrebbe annullato qualunque «divieto di aborto in qualsiasi momento prima della vitalità fetale», compresi i divieti o le restrizioni «su una particolare procedura di aborto».
Ne sarebbe uscita invalidata, quindi, qualsiasi legge statale – come quelle del Texas o del Mississippi – che vieti «l’aborto dopo la vitalità fetale quando, secondo il giudizio medico in buona fede dell’operatore sanitario curante, il proseguimento della gravidanza rappresenterebbe un rischio per la vita o la salute della paziente incinta».
I contorni fortemente ideologici del disegno di legge emergono anche da espressioni come «giustizia riproduttiva», in contrapposizione a «sistemi di oppressione, mancanza di autonomia corporea, supremazia bianca e razzismo anti-nero».
Inoltre, il testo definiva le restrizioni all’aborto «uno strumento di oppressione di genere». Poi, una menzogna conclamata, contraria a qualunque trattato biologico o scientifico: pur “tollerando” l’utilizzo del termine «donna», i legislatori intenderebbero «proteggere tutte le persone con capacità di gravidanza: donne cisgender, uomini transgender, individui non binari, coloro che si identificano con un genere diverso e altri, che sono ingiustamente danneggiati dalle restrizioni sui servizi per l’aborto».
Planned Parenthood tenta l’ultima carta
I Democratici, ora, promettono battaglia: «Non vogliamo tornare ai vecchi tempi, in cui gli aborti non avvenivano in sicurezza e le donne morivano», dichiara la senatrice Patty Murray al notiziario televisivo NBC News.
Il capogruppo dei Democratici al Senato, Chuck Schumer, insiste sulla necessità di «codificare in legge ciò che la maggior parte degli statunitensi crede da tempo, cioè che l’aborto sia un diritto fondamentale e che le decisioni delle donne sull’assistenza sanitaria, appartengono alle donne e non alle leggi di estrema destra».
Nel frattempo la Planned Parenthood si sta attivando con centri logistici e aiuti monetari per le donne che vogliano abortire. «Le persone meritano l’accesso all’aborto, indipendentemente dal codice postale o dal reddito», afferma il presidente di Planned Parenthood Action Fund, Alexis McGill Johnson. «È inconcepibile che così tanti senatori statunitensi abbiano votato contro la salute e i diritti dei propri elettori».
Di ben diverso avviso, il capogruppo dei Repubblicani al Senato, Mitch McConnell, che afferma: «Con una cascata di gravi crisi che mettono alla prova il nostro paese, i Democratici del Senato stanno dando la priorità a un voto-show per l’imposizione dell’aborto al nono mese su richiesta in tutta l’America». Secondo Mitchell, già presidente del Senato dal 2015 al 2021, la «posizione radicale» per cui non dovrebbe esserci «alcuna restrizione sull’aborto» è «massicciamente impopolare».
Da parte sua, il senatore Repubblicano Ben Sasse dichiara in una nota: «Stasera, l’estrema sinistra ha formalmente preso a calci il vecchio slogan «sicuro, legale e raro», per abbracciare «politiche estreme» che potranno far «felice l’esercito dei lobbisti di Planned Parenthood», alienandosi, però, il favore di «molti americani».
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