Last updated on Febbraio 25th, 2020 at 03:19 am
Nelle Filippine, unico Paese al mondo insieme allo Stato del Vaticano in cui il divorzio è illegale, si sta discutendo in queste settimane la possibilità di una riforma. Il 5 febbraio la Commissione parlamentare sulla popolazione e sulle relazioni familiari ha approvato un disegno di legge, denominato House Bill 100 o Absolute Divorce Bill, volto a legalizzare questo istituto. Dopo essere passato al vaglio di un gruppo di lavoro tecnico, il testo sarà sottoposto alle Camere, presumibilmente il 15 maggio. Infine, se dovesse essere approvato, dovrà passare la ratifica del presidente. Intanto, fuori delle aule parlamentari, il dibattito è infuocato e richiama alla mente degli italiani il clima che si respirava nel Belpaese cinquant’anni fa, durante la campagna referendaria per la legalizzazione del divorzio.
Il dibattito
Sugli scudi il mondo cattolico, come il Sangguniang Laiko ng Pilipinas, ovvero il Consiglio dei laici promosso dall’episcopato filippino, una piattaforma che raduna varie organizzazioni e movimenti ecclesiali. In una nota inviata all’agenzia di stampa vaticana Fides si invita la Camera bassa ad «agire per rafforzare la famiglia e non per indebolirla». Roquel Ponte, presidente di Laiko, esorta i sostenitori del divorzio a «imparare dall’esperienza di altri Paesi dove il divorzio è legale, notando il forte indebolimento dell’istituto familiare». La tesi dei fautori di questa legge è che, spezzandosi già ora molti legami matrimoniali nelle Filippine, la norma servirebbe a riconoscere giuridicamente una realtà esistente. A tal proposito, afferma Edcel Lagman, primo firmatario della proposta di legge: «Il divorzio non è un mostro che distruggerà i matrimoni. […] Cerchiamo di essere chiari su questo: i mostri che portano alla morte di un matrimonio sono infedeltà, abuso, problemi finanziari, mancanza di intimità e comunicazione e disuguaglianza». Il leader cattolico Ponte si dice consapevole di queste problematiche ed è per questo che si appella alle organizzazioni che si occupano di famiglie per «cercare di accompagnare e di seguire con interventi pastorali utili» le persone che soffrono per i matrimoni falliti. La ricetta del presidente di Laiko prevede «l’educazione, la formazione e l’accompagnamento umano e spirituale, che vanno assieme al riconoscimento di valori come la vita, l’amore, la fedeltà». Contrario alla legge è anche il Cibac, il Movimento civico che si batte contro la corruzione nelle Filippine, il cui deputato, Eddie Villanueva, afferma: «Ciò di cui abbiamo davvero bisogno è migliorare il processo di annullamento e renderlo accessibile in termini di costi e di tempi. Ciò potrebbe richiedere un’azione esecutiva o legislativa, ma certamente non un disegno di legge sul divorzio».
Attualmente, infatti, nelle Filippine esistono solo due strade per chiudere una relazione coniugale: la separazione, che però lascia giuridicamente intatta l’unione, e l’annullamento. Quest’ultima possibilità, tuttavia, è un’opzione limitata a motivi molto gravi (per esempio matrimoni incestuosi, bigami o contratti con minorenni) e percorribile soltanto a fronte di spese legali elevate. Rivedere quella norma potrebbe essere un compromesso capace di accontentare tutte le parti in causa. Del resto il presidente del Senato, il conservatore Vicente “Tito” Sotto III, ha dichiarato che la maggioranza dei senatori non voterà la legge sul divorzio. Ma che, al contrario, potrebbe approvare una riforma della norma sugli annullamenti, per renderli più efficienti e accessibili economicamente.
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