Last updated on Luglio 24th, 2021 at 10:47 am
«Il Pd non si deve far mettere i piedi in testa da idee retrograde della Lega. Mi assumo la responsabilità di chiedervi di approvare la legge così com’è». Con queste parole si è rivolto Enrico Letta ai parlamentari del proprio partito a proposito del «ddl Zan».
La modifica dell’art. 604-bis del c.p.
La linea del Partito Democratico (PD) è stata dunque tracciata dal suo numero uno: nessun compromesso. Quel «così com’è» stronca ogni tentativo di emendare il testo per acquisire maggiore condivisione parlamentare. Viene così neutralizzato il tentativo del Centrodestra di proporre una legge che sì inasprisce le pene per reati di vera discriminazione e violenza, ma non introduce l’identità di genere. Del resto, occorre ricordarlo, il «ddl Zan» aggiunge all’articolo 604-bis del Codice penale, che riguarda «propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa», la dicitura «oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità».
Il vero obiettivo del «ddl Zan»
La mossa di Letta, dunque, dimostra qual è la posta in gioco del «ddl Zan»: non difendere una qualche categoria specifica di persone da vessazioni reali, bensì sdoganare l’identità di genere, ossia il sesso percepito in ragione di quello biologico. I fautori del «ddl Zan» non accettano di mettere in discussione questo principio: ognuno può sentirsi ciò che vuole – uomo, donna o altro – a prescindere dall’oggettività incontrovertibile della biologia.
Lo spiega bene James Kirkup su The Spectator in un articolo tradotto in italiano da Marina Terragni sul Feminist Post: «La legittima richiesta di tutelare i diritti e la dignità delle persone omosessuali e transessuali veicola in realtà l’obiettivo forte, ovvero l’identità di genere in direzione del self-id, che è la libera decisione di scegliere il proprio genere indipendentemente dal sesso di nascita e con un semplice atto amministrativo unilaterale, all’anagrafe o dal notaio».
Identità di genere a scuola
Dunque se passa il concetto di identità di genere sarà possibile cambiare sesso con un semplice atto amministrativo? E a quel punto, per esempio, un uomo che si autodefinisce donna potrà iscriversi alle competizioni sportive femminili e avrà il diritto di frequentare lo spogliatoio di una palestra dedicato al gentil sesso? O magari potrà beffare la logica delle «quote rosa»? Per ora non corriamo. Il rischio immediato, di cui «iFamNews» si è già occupato quasi un anno fa, comunque c’è: ed è che il «ddl Zan» possa introdurre l’identità di genere, ovvero il gender, nelle scuole.
PD “negazionista“
A proposito di gender nelle scuole, è utile rammentare quanto avvenne nel 2015. In pieno dibattito sulla possibilità che la riforma della «Buona Scuola» voluta dall’allora premier Matteo Renzi introducesse l’ideologia gender nelle aule scolastiche, il PD prese una posizione “negazionista”. In un articolo uscito il 18 settembre di quell’anno sul sito dei Deputati PD, infatti, si legge: «Si è diffuso in queste settimane un allarme circa la volontà di introdurre nelle scuole l’insegnamento della “teoria gender”, una creatura mitologica, a metà tra un virus e un abominio, che tuttavia non esiste». È alquanto curioso che il gender, che nel 2015 per il Pd non esisteva, oggi sia diventato per lo stesso partito un «passo avanti di civiltà».