Last updated on aprile 14th, 2020 at 10:09 am
Il mio amico George Pell è stato scarcerato oggi, dopo che l’Alta Corte australiana ha respinto all’unanimità la condanna per aver molestato sessualmente due chierichetti venticinque anni fa, quando era arcivescovo di Melbourne. La Corte ha deliberato che vi fosse «la significativa possibilità che una persona innocente sia stata condannata, poiché le prove non sono sufficienti a stabilirne la colpevolezza».
Proprio così. Le prove erano talmente scarse e le accuse così poco plausibili, sia fisicamente sia temporalmente, che solo l’odio feroce nei confronti del cardinal Pell che serpeggia fra alcuni agenti di polizia e pubblici ministeri di Melbourne può spiegare come il prelato sia addirittura giunto a processo. Analogamente, la pena a cui una giuria lo ha condannato è stata il risultato dell’accanimento mediatico con cui, come duemila anni fa a Gerusalemme, la folla ha preteso che fosse brutalizzato un uomo giusto.
Ho incontrato per la prima volta George Pell nel 1994, quando era vescovo ausiliario cattolico di Melbourne. Ero là per alcune conferenze organizzate dall’Australian Family Association. Mons. Pell torreggiava: alto e muscoloso, dal punto di vista fisico ancora molto simile al giocatore di football australiano professionista che era stato una volta. Era un uomo piacevole e affascinante, con un senso squisito dell’umorismo. Ed era intelligente, come dimostrò presentando, durante una conferenza, un resoconto straordinariamente convincente e cristiano della famiglia naturale… della sua forza e delle sue doti, e dei nemici che oggi si trova ad affrontare. Ci siamo incontrati di nuovo nel 1999, a un evento regionale del World Congress of Families, e due anni più tardi ha fatto in modo che fossi io a tenere il discorso di apertura del convegno inaugurale dell’Istituto Giovanni Paolo II per il Matrimonio e la Famiglia di Melbourne. In seguito, ogni volta che ho visitato l’Australia ci siamo sempre incontrati, anche quando ha partecipato all’imponente settima edizione del World Congress of Families che si è tenuto a Sidney nel 2013.
Cito questi fatti per spiegare, almeno in parte, l’animosità dimostrata sia dai burocrati australiani sia dalla gente comune nei confronti di quest’uomo buono e santo. In Australia la “Sinistra sessuale” ha grande forza, specialmente nelle “comunità” LGBTQ di Sidney e di Melbourne. In ragione dell’efficace testimonianza a favore della verità del matrimonio cristiano e della famiglia, il card. Pell è divenuto il loro bersaglio principale: andava fermato. Nel 2002 gli sono state mosse accuse per vicende che sarebbero avvenute in un campeggio per giovani cattolici quarant’anni prima. Alla disamina dei fatti le accuse sono però sparite. Quindi ne sono state mosse altre, nella migliore delle ipotesi allucinazioni; più probabilmente mere bugie intenzionali. Probabilmente adesso i suoi nemici sperano che vengano alla luce «ulteriori accuse contro il cardinal Pell» e « che il prelato alla fine torni a processo»: così The New York Times. Il peso per lui potrebbe, insomma, non essere ancora finito.
Tutti coloro che hanno a cuore la famiglia naturale debbono stare in guardia. All’ultimo grado di giudizio possibile, l’Alta Corte australiana è riuscita a salvaguardare qualche piccolo elemento di equità e di giustizia a favore del cardinal Pell, ma anche in tal caso solo dopo che la sua reputazione è stata insozzata e il presule ha passato 400 giorni in prigione. In molti altri Paesi la “Sinistra sessuale” sta ugualmente corrompendo i procedimenti giudiziari e trasformando i tribunali in armi scagliate contro il matrimonio, contro i bambini e contro i legami familiari allo scopo di mandare in galera bravi genitori e personale ecclesiastico di responsabilità. Mai più di oggi è quindi necessario difendere la famiglia naturale con coraggio e in modo organizzato.
Commenti su questo articolo