Last updated on Maggio 11th, 2021 at 02:17 am
È sufficiente presentare immagini bellissime e patinate di donne incinte, scattate da Donatella Nicolini, fotografa appena premiata da The Societies of Photographers come miglior «Maternity Photographer» del mondo per il 2021. Collegare a questi ritratti di donne bianche, di colore, asiatiche il 6° Rapporto. “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021”, elaborato dall’ISTAT e diffuso ieri in occasione della Festa della mamma da Save the Children, che intende fornire un quadro della situazione delle madri in Italia. Citare l’ultimo Rapporto sullo stato delle madri nel mondo, il 16°, sempre proposto da Save the Children e risalente al 2015, che vedeva la Norvegia al primo posto, fra i 179 Paesi considerati, per il benessere materno-infantile in relazione a tutti gli indicatori e la Somalia al polo opposto. Aggiungere, infine, l’ingrediente “magico” che da circa un anno tutto spiega e tutto giustifica, vale a dire la «crisi da covid». Ecco che il gioco è fatto e il sito web della rivista di moda e costume Elle pubblica un articolo in cui si premura di sottolineare che la crisi «ha esasperato situazioni già al limite» e «si calcola che una prosecuzione di altri 6 mesi delle misure restrittive anti-pandemia potrebbe provocare fino a 7 milioni di gravidanze non volute e fino a 31 milioni di nuovi casi di violenza di genere ai danni di donne e ragazze».
Lo fa nello stesso momento in cui, in un tripudio di pance perfette e perfettamente “instagrammabili”, definisce le donne e la gravidanza come «ombelico del mondo», immagine non originalissima ma efficace, e lamenta che «la maternità ancora oggi fatica a essere considerata un valore». Più che “ancora oggi” sarebbe meglio dire “soprattutto oggi”, se come «iFamNews» ha più volte riportato il problema del CoViD-19 pare essere l’ostacolo che pone alla contraccezione e all’aborto.
Eppure il cortocircuito logico sembra non essere avvertito e le parole spese per la valorizzazione della maternità si accompagnano con indifferenza a quelle utilizzate per deprecare che, insomma, per colpa del virus non si può neanche abortire in santa pace.
È una contraddizione che non stupisce, però, anzi si avverte costante nell’avvicinarsi a chi ha commissionato e pubblicato i due rapporti citati, cioè Save the Children.
Save the Children, non ci sarebbe neppure bisogno di dirlo, è un’organizzazione non governativa internazionale, con sede a Londra, fondata nel 1919. Afferma di occuparsi per statuto di neonati e bambini, spendendosi per alleviarne la povertà, garantire cibo e cure mediche, fornire condizioni igieniche adeguate e medicinali necessari, fare in modo che possano andare a scuola, raccogliendo fondi attraverso donazioni e sostegno a distanza.
Pubblica regolarmente sul sito web ufficiale il proprio bilancio economico, controllato da una società di revisione contabile certificata.
Ha pubblicato anche, nel 2014, Nati per morire. L’Indice del rischio di mortalità mamma-bambino.
Apparentemente tutto a posto, tutto regolare, tutto “in grande”. Epperò dappertutto, dappertutto, Save the Children sostiene e propaganda e appoggia la cosiddetta salute sessuale e riproduttiva. Lo ha fatto anche nel Parlamento Europeo, insieme ad altre organizzazioni non governative, non più tardi di un anno fa. Le parole “salute sessuale e riproduttiva” significano, agli occhi di qualsiasi lettore appena appena smaliziato, contraccezione e aborto.
«iFamNews», ma non è la sola voce, ha già avuto modo di esprimere alcuni dubbi, di chiedere e di chiedersi se Save the Children sia oppure no a favore dell’aborto, smentendo così a se stessa e agli altri la propria missione dichiarata.
Per ora Save the Children non ha risposto. O forse sì.
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