Ragazzi autistici arruolati nelle file transgender

Quando l’ideologia si appropria della medicina per tentare di dare realtà a interpretazioni assurde e lesive

Bambino con ombrello sotto la pioggia

Image by Victoria Borodinova from Pixabay

Last updated on Agosto 24th, 2021 at 02:42 pm

Christian Wilton-King è un docente di Cardiff, Regno Unito, specializzato nell’insegnamento rivolto ad adolescenti affetti da disturbi che afferiscono allo spettro autistico. Un paio d’anni fa, è stato attaccato a causa di alcuni commenti, considerati non rispettosi delle persone transgender, espressi in un gruppo privato su Facebook, poi segnalato alla scuola di cui era dipendente e sottoposto a un’indagine disciplinare da parte dell’Education Workforce Committee (EWC).

Successivamente Wilton-King è stato “valutato”, giudicato “non colpevole” e infine reintegrato nel proprio ruolo, dopo per altro essersi scusato qualora le sue parole potessero risultare equivocabili da alcuni. Ancora oggi, tuttavia, l’uomo non è affatto sicuro di poter continuare il proprio lavoro di insegnante, dovendo camminare sul terreno sempre scivoloso della discriminazione indiscriminata.

La vicenda è stata raccontata da Wilton-King stesso in un lungo post comparso sul sito Internet di Transgender Trend, associazione non profit nata nel 2015 per proteggere bambini e ragazzi affetti da disforia di genere dalle cure ormonali e dai trattamenti chirurgici invasivi che invece una certa narrazione considera per loro salutari.

Come si legge nella presentazione online dell’organizzazione, Transgender Trend sostiene con forza «[…] i diritti dei bambini a rifiutare gli stereotipi di genere e ad essere ciò che sono veramente senza discriminazioni, etichettature o interventi medici per “ripararli”. Crediamo che tutti i bambini abbiano il diritto di passare la pubertà e raggiungere l’età adulta con la loro fertilità intatta e che questo sia un diritto umano fondamentale». Di recente, l’associazione ha svolto un ruolo importante, quando l’Alta Corte britannica ha dato la possibilità di «[…] intervenire nella revisione giudiziaria Keira Bell v Tavistock & Portman NHS Trust».

Anche Maya Forstater, recentemente al centro della cronaca per una vertenza analoga, sospesa dal proprio impiego per commenti giudicati discriminatori nei confronti delle persone transgender e poi reintegrata, ha offerto al docente la propria solidarietà.

Christian Wilton-King, però, compie un passo ulteriore, grazie anche alla sua competenza pluriennale nel campo dei disturbi dello spettro autistico, e solleva dubbi inquietanti. Vi sarebbe cioè la tendenza, da parte delle associazioni che promuovono i diritti LGBT+ e la presenza delle tematiche legate all’«identità di genere» nelle scuole britanniche, a spingere ragazzi e ragazze affetti da autismo verso una riflessione “orientata” al gender, sino a “scoprire” in sé una disforia di genere e rivolgersi poi a studi medici e strutture specializzate nel cambio di sesso per adolescenti. Tutto ciò, nonostante di recente il Dipartimento dell’Istruzione del Regno Unito abbia messo un freno all’influenza di tali gruppi di advocacy nelle scuole.

Il docente cita alcuni dati significativi, fra cui uno studio clinico autorevole del 2016 che riporta come la percentuale di persone che presentino tratti o diagnosi di autismo e che contemporaneamente dichiarino non conformità di genere si attesti fra il 15 e il 35%. Egli inoltre fa notare che quasi la metà dei pazienti della clinica Tavistock, specializzata come si è visto nel fornire agli adolescenti cure e interventi per la transizione di genere, ugualmente presentino tratti o diagnosi di autismo.

Resta da comprendere, a questo punto, se davvero i giovani affetti da autismo, che la National Autistic Society britannica definisce come «[…] una disabilità di sviluppo che dura tutta la vita e che influisce sul modo in cui una persona comunica e si relaziona con le altre persone e su come sperimenta il mondo che la circonda», abbiano maggiori probabilità di presentare anche disforia di genere.

Oppure, se piuttosto questi giovani vengano strumentalizzati, “arruolati” in qualche modo nelle file delle persone transgender, quando invece si tratterebbe semplicemente di riconoscere la difficoltà dei ragazzi e delle ragazze autistici di entrare in relazione con il mondo esterno e quindi con l’altro, fin dal momento in cui i neuroni specchio del bambino piccolo permettono l’identificazione con le figure adulte di sesso maschile e femminile.

«È un’ipotesi che non si può escludere», afferma Massimo Polledri, medico, neuropsichiatra infantile. «Esiste certamente una certa tendenza dell’ideologia ad appropriarsi della medicina per dare della realtà la propria interpretazione».

«La psiche umana, se si vuole semplificare, è formata da tre componenti principali: il dato neurobiologico e genetico, il dato dell’ambiente, che “scolpisce” circa l’80% delle connessioni sinaptiche, e infine il dato culturale-sociale. Come si può ben immaginare, si tratta di un cocktail complesso e potenzialmente esplosivo». Continua il dottor Polledri: «Per quanto riguarda le persone affette da disturbi dello spettro autistico, tale equilibrio è particolarmente delicato. Il cosiddetto funzionamento autistico comporta deficit importanti di empatia, mancando l’immedesimazione con l’altro, con il fuori da sé. Non è difficile immaginare quali ripercussioni possa avere in un ambito, quello della sessualità, in cui proprio l’empatia, la risposta congrua al bisogno dell’altro, la decifrazione dei segnali sociali tanto ostica per queste persone, è invece la base del rapporto». «Non stupisce che gli adolescenti autistici fatichino in modo particolare a riconoscersi in un’identità precisa», conclude.

Si riscontra una contraddizione importante in tutto il ragionamento di chi promuove per questi ragazzi decisioni irreversibili, che per esempio rischiano di compromettere per sempre la loro fertilità.

Come sostiene Wilton-King nel suo articolo, infatti, «Il movimento della Neurodiversità è in costante crescita sin dal suo inizio, alla fine degli anni novanta, e ha l’obiettivo di cambiare la percezione pubblica dell’autismo, da condizione disabilitante a variante neurologica. Un modo di essere diverso ma valido, che richiede l’accettazione della società e l’adattamento, piuttosto che il trattamento e la cura».

Perché mai, allora, non rispettare la diversità dei ragazzi autistici eventualmente confusi rispetto alla propria sessualità, senza intervenire per “conformarli”, stavolta sì, a standard che desiderino allineare a forza il corpo ai comportamenti, per altro in modo irreversibile? Se la tutela del proprio “sé autentico” è tanto importante per ciascuno, tanto rispettoso, tanto giusto, perché il corpo di questi ragazzi dovrebbe essere modificato?

E infine, se un docente gallese preparato e formato su questi temi, con lunga esperienza sul campo, rispettoso proprio dell’inclusione di ognuno e dei più fragili in particolare, finisce alla gogna per aver sollevato un semplice dubbio preoccupato, cosa succederà anche nel nostro Paese, non appena dovesse essere approvata una legge liberticida che tali dubbi vuole silenziare?

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