Last updated on Giugno 8th, 2021 at 08:57 am
Esiste una correlazione fra il consumo di pornografia, in special modo pornografia violenta, e lo stupro?
Studi scientifici autorevoli, sperimentali e non sperimentali, l’hanno già evidenziato da tempo. Uno su tutti è Pornography and attitudes supporting violence against women: revisiting the relationship in nonexperimental studies, di Gert Martin Hald, Neil M Malamuth e Carlin Yuen, pubblicato nel 2010.
Il testo è stato ripreso dalla psicologa e docente universitaria Chiara Volpato in Psicosociologia del maschilismo, edito da Laterza nel 2013, in cui l’autrice afferma che «[…] molti studi empirici hanno fornito prove dell’esistenza di uno stretto legame tra pornografia e violenza. Guardare materiale pornografico crea un clima di accettazione della violenza sessuale e aumenta i pregiudizi legati allo stupro, come indicato da una recente meta-analisi». La Volpato riporta inoltre il pensiero di Pietro Adamo, che insegna nel Dipartimento di Studi storici dell’Università di Torino, laddove afferma che «[…] Secondo Pietro Adamo, “da metà anni Novanta [del secolo scorso] la messa in scena hard ha privilegiato una potente e prepotente iconografia della violenza, organizzata in massima parte su meccanismi di esplicita subordinazione della femmina da parte del maschio” ».
Numerosi altri lavori sono reperibili sul sito web del National Center for Biotechnology Information e confermano quanto affermato fin qui.
Non stupisce allora l’intervista rilasciata di recente a Sky News da Dandy Doherty, giovane donna di nazionalità britannica che ha subito abusi sessuali a 11 anni ed è stata stuprata a 15 da alcuni coetanei, vero e proprio atto d’accusa che mette in luce un ulteriore e raccapricciante aspetto della questione. La pornografia, cioè, e in special modo la pornografia violenta di cui si parlava, è sempre più alla portata degli adolescenti e addirittura dei bambini.
Dandy Doherty è fra i contributor di Everyone’s Invited, la cui mission campeggia in prima apertura del sito web e recita «We are a movement committed to eradicating rape culture», vale a dire che si tratta di un movimento che ha lo scopo di sradicare la “cultura dello stupro” e lo fa, tra l’altro, raccogliendo le testimonianze di chi definisce «survivor», i sopravvissuti. La Doherty sottolinea un’ovvia verità, e cioè come non sia appropriato che un bambino di 10 anni guardi filmati online che mettono in scena rapporti sessuali, spesso violenti e degradanti, pensando per giunta dati i pochi strumenti emotivi e psicologici di cui dispone che quello sia la sessualità, la sessualità vera, da replicare nella vita vera, con una persona vera.
Eppure accade, i bambini hanno un accesso potenzialmente illimitato alla pornografia online e ne fanno uso, nel privato delle loro camerette, incidentalmente oppure no, e a poco servono evidentemente i sistemi di parental control, oppure pochi sono i genitori che li attivano.
Esiste poi un terzo aspetto, che si salda su quanto esposto finora, e di cui “iFamNews” ha già dato conto in passato proponendo una petizione che imponesse a Netflix, la nota piattaforma a pagamento di contenuti cinematografici, di rimuovere dalla propria offerta il film Cuties-Donne ai primi passi. Non è che ad “iFamNews” piaccia la censura, al contrario, ma l’adultizzazione e l’ipersessualizzazione di bambine di 10 anni è in primo luogo un errore grave dal punto di vista educativo e secondariamente una tendenza rivoltante sempre più dilagante e diffusa, soprattutto online.
Infine, un quarto punto merita di essere preso in considerazione per un quadro generale fatto più di domande che di risposte: quanto la pornografia si rivolge ad adulti “interessati” ai bambini o che comunque ne fanno oggetto di fantasie di tipo sessuale?
Parecchio, a quanto pare, se Belle Delphine, ventunenne in origine instagrammer che nel 2019 ha messo in vendita online l’acqua sporca usata per fare il bagno, è ora passata a girare filmati pornografici, dove si traveste da bambina in stile manga, con ambientazioni rosa e zuccherose da cameretta infantile, in cui viene rapita e portata in un bosco da un uomo che la violenta, oppure in cui viene stuprata da un adulto mascherato da Teddy bear appoggiato sul lettino.
Si è già parlato di bambole con corporatura e fattezze infantili usate come giocattoli sessuali ed è online in questi giorni una petizione sostenuta dalle femministe di Radfem Collective, con l’hashtag #MyUniformIsNotYourCostume, che vuole fermare la vendita di uniformi scolastiche, diciamo così modificate, nei sexy-shop.
Quanto a Belle Delphine, la richiesta dei contenuti che propone evidentemente è consistente, se la ragazza l’anno scorso è passata a incassare da 665mila a milioni di dollari statunitensi ogni mese, di cui la piattaforma a pagamento OnlyFans, dedicata a un pubblico adulto, su cui i filmati sono presentati, trattiene il 20%.
Perché, qualcuno ha pensato fosse gratis?
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