Politicamente corretto, quando la libertà è in gabbia

Una provocazione dell’Associazione Nonni 2.0. E i nipoti cosa dicono?

Last updated on Febbraio 14th, 2020 at 01:41 am

Liberi di guizzare come pesci, liberi di fare ciò che si desidera nel mare delle possibilità. Così viene descritto il mondo del 2020, dove i desideri possono diventare diritti e l’odio viene censurato e punito. A uno sguardo più attento, però, l’immagine cambia: il pesce diventa un piccolo pesce rosso e il mare un acquario, collocato e spostato a piacimento da qualcun altro.

È questo il filo rosso di La libertà, il potere e il pesce rosso. Lettera ai nipoti e ai loro amici, scritta dall’Associazione Nonni 2.0, che vuole essere uno spunto di riflessione controcorrente fra generazioni. «Sempre più spesso appare che quanto spacciato per libertà sia in effetti soltanto autodeterminazione», si legge nella lettera. «La libertà è la capacità di aderire al vero e quindi di scegliere tra il bene e il male, di fare propria la scelta fatta e di poterla apertamente testimoniare. Qualcosa dunque di molto di più dell’autodeterminazione».

Nonni 2.0 punta i riflettori su quello che definisce il pericolo più insidioso per la libertà: il pensiero unico. «La cultura dominante e il grosso dei media impongono come “normale” una certa tesi dalla quale non è “politicamente corretto” dissentire», afferma l’associazione. «Basti pensare ai temi della vita, dove l’indisponibilità della vita umana è bollata come violazione della libertà di scelta, i temi della sessualità, con la teoria del gender e l’accusa di omofobia per chi dissente, e l’identità della famiglia, la cui difesa è considerata una forma di tradizionalismo passatista irricevibile».

Eppure è proprio la famiglia, secondo Nonni 2.0, il luogo migliore dove accendere un dibattito con i propri figli e nipoti, dove formare un senso critico nei confronti di un progetto di uomo: «individualista libertario però solidale, permissivo però moralista, tollerante però rigorista, relativista però dialogico, ecologico però tecnologico, democratico però autoritario». Un cortocircuito ideologico da svelare con la capacità di elaborare giudizi e di prendere parola sulle provocazioni della cronaca, con il confronto aperto in famiglia, anche e soprattutto quando la scuola rinuncia al suo ruolo educativo.

Da sinistra: Francesco Botturi, Costanza Miriano, Robi Ronza, Roberto Respinti

Ed è stata proprio la Libertà in gabbia? il titolo dell’incontro che si è tenuto sabato 18 gennaio al Centro culturale artistico Rosetum di Milano con ospiti Francesco Botturi, già ordinario di Filosofia morale nell’Università Cattolica di Milano, Costanza Miriano, giornalista e scrittrice, e Roberto Respinti, del Centro Studi Rosario Livatino. «È in atto un’operazione capillare e profonda per correggere il consenso», ha spiegato Botturi, «e come si corregge il consenso? Correggendo il senso comune. Con il politicamente corretto avviene proprio così: le premesse di ogni discorso sono già stabilite, e sono date per certe anche se non dimostrate. Il dialogo dunque è possibile a senso unico. Vi è oggi una saldatura inedita tra le classi dirigenti politiche, intellettuali e mediatiche, che ha lo scopo di ricomporre il mondo scomposto post-moderno creando un individuo dall’identità cangiante e mobile, un individuo che rompe con qualsiasi definitività antica e per questo cade in censure e rigorismo contro chi viola il politicamente corretto stabilito dal pensiero unico».

In gioco c’è l’articolo 2 della Costituzione: «La libertà di pensiero per essere concreta deve essere affiancata dal diritto di manifestare pubblicamente il proprio pensiero», ha ricordato Respinti. «La libertà di pensiero e di parola è essenziale al regime di libertà di una democrazia: una norma di legge antidiscriminatoria generale, voluta dal politicamente corretto, rischia di limitare la libertà perché apre al giudizialmente arbitrario. Problema legato a quello della creatività in ambito giuridico, basti pensare al 2007, al caso di Eluana Englaro, quando la Corte di Cassazione per la prima volta stabilì che acqua e cibo erano da considerare trattamenti sanitari che richiedono consenso. Il politicamente corretto fa prevalere nuovi ordinamenti e censura chi non vi si riconosce, negando il diritto fondamentale di pensiero e di parola. In uno Stato democratico non c’è mai posto per un reato d’opinione».

Eppure già oggi sembra di vedere una macchina della censura che punisce chi osa dissentire dal politicamente corretto: «LynseY McCarthy-alvert è un’ostetrica del Regno Unito che è stata costretta a dare le dimissioni dall’organizzazione nazionale per l’ostetricia», ha raccontato la Miriano, «per aver scritto su facebook che solo le donne possono partorire. Gli attivisti che hanno scoperto e raccontato al mondo come Planned Parenthood vendesse organi dei feti abortiti sono stati denunciati e ora dovranno pagare 2 milioni di euro di danni perché hanno girato video di nascosto per raccogliere queste informazioni. Barilla, dopo la campagna di boicottaggio che ha coinvolto politici e personaggi famosi in tutto il mondo nel 2013, ha realizzato una trasformazione totale del marchio, con donazioni al mondo Lgbt e messaggi d’inclusione». Un quadro preoccupante, che era stato profetizzato anche dal cantautore Claudio Chieffo (1945-2007), la cui canzone Martino e l’imperatore risuona nella sala del convegno. «Come diceva la profezia di Ratzinger, siamo pochi», ha concluso la Miriano, «ma l’uomo è felice solo quando segue il suo libretto d’istruzioni. La lavatrice può anche non credere al suo libretto, ma se inseriamo l’aranciata al posto del detersivo si rompe. I cristiani sono chiamati ad essere presenza viva nella società, a ricordare che quando l’uomo cerca la felicità sta cercando Dio».

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