Last updated on Giugno 8th, 2021 at 08:56 am
Era il 1999 quando la Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS) pubblicò il primo Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo. Sono passati ventidue anni e il tema resta terribilmente attuale. Anzi, negli ultimi tempi si registra persino una recrudescenza di odio. Lo attesta un confronto: se nel penultimo “Rapporto”, risalente al 2018, i Paesi che violavano la libertà religiosa nel mondo erano 38, nell’ultimo appena pubblicato sono diventati 62. Non solo. È cresciuto anche il numero dei Paesi in cui la persecuzione è più cruenta, passati da 21 a 26. Tradotto: 5miliardi e 200milioni di persone (il 65% della popolazione mondiale) vivono in Paesi dove la libertà religiosa non è rispettata.
Allarme Africa
Come ha spiegato Alessandro Monteduro, direttore di ACS-Italia, nel corso della conferenza stampa di presentazione, si è verificato «un serissimo aggravamento nel continente africano». Qui, rispetto al 2018, nove Paesi sono entrati nell’elenco, portando così al 42% la quota di quelli nei quali si registrano violazioni alla libertà religiosa. L’allarme in Africa si deve alla diffusione del radicalismo islamico. Pullulano gruppi terroristici jihadisti. Si tratta, rileva Monteduro, «di una rete transnazionale del terrorismo» che ha la finalità «non di reimpostare il sedicente Stato islamico, bensì di istituire un Califfato transcontinentale».
Supremazia etnica e religiosa
Fondamentalismo jihadista, ma non solo. Monteduro ha spiegato che si è intensificata anche la persecuzione religiosa da parte di governi autoritari, che talvolta promuovono una supremazia etnica e religiosa. È il caso di alcune nazioni asiatiche a maggioranza indù e buddhiste, che riducono gli appartenenti alle minoranze religiose a cittadini di seconda classe. «L’India», sottolinea Monteduro, «rappresenta il caso più eclatante, ma tali politiche vengono applicate anche in Pakistan, Nepal, Sri Lanka e Myanmar».
Asia Bibi a Roma
A proposito di Pakistan, era collegata dal Canada, dove oggi vive profuga con la propria famiglia, Asia Bibi. La madre cristiana pakistana è una vera e propria icona internazionale delle vittime di persecuzione religiosa: condannata per blasfemia, ha passato in carcere 3.421 giorni. «È stata una tortura psicologica», ha detto. «Le accuse da parte di altri prigionieri, l’atteggiamento della polizia: tutto è diventato una croce quotidiana».
La testimone ha posto, in particolare, l’accento sulla condizione in cui versano le numerose giovanissime cristiane che nel suo Paese «vengono rapite, violentate, sposate con forza e costrette a convertirsi». Asia Bibi dovrebbe presto venire a Roma per un viaggio. «Spero di incontrare Benedetto XVI e Francesco, che hanno rivolto un appello per la mia liberazione». Shahid Mobeen, fondatore della comunità dei pakistani cristiani in Italia, ha posato uno sguardo preoccupato sul futuro. «Nell’attuale quadro storico in cui la NATO ritira i propri soldati», ha osservato, «il rischio è che il Pakistan tenderà a diventare una provincia di uno Stato islamico».
Persecuzione digitale
Futuro che allunga ombre sinistre sulle minoranze religiose anche a causa dei progressi tecnologici. Il rapporto di ACS evidenzia «l’abuso della tecnologia digitale, dei cyber network, della sorveglianza di massa basata sull’intelligenza artificiale (AI) e sulla tecnologia del riconoscimento facciale per assicurare un maggiore controllo con finalità discriminatorie». Questo fenomeno è evidente soprattutto in Cina, «dove il Partito Comunista sta reprimendo i gruppi religiosi con l’ausilio di 626 milioni di telecamere di sorveglianza con tecnologia AI e con l’aiuto dei sensori degli smartphone». Ma «anche i gruppi jihadisti stanno impiegando la tecnologia digitale per favorire la radicalizzazione e per il reclutamento di nuovi terroristi».
Persecuzione anche in Occidente
La discriminazione non risparmia l’Occidente. Nel rapporto di ACS si fa cenno alle limitazioni al culto motivate con ragioni sanitarie. «I governi», rileva il documento, «hanno ritenuto necessario imporre misure straordinarie, applicando in alcuni casi limitazioni sproporzionate al culto religioso, specie se confrontate con quelle imposte ad altre attività secolari». Anche questa tendenza a relegare la religione al ristretto perimetro dei luoghi di culto è una forma di persecuzione. È quella che Papa Francesco definisce «persecuzione educata».