A quali criteri si ispira la scelta di mostrare un film come Tomboy agli allievi di una scuola media?
Se lo scopo è quello di favorire l’inclusione, si possono proiettare film splendidi, come Billy Elliot, che permettono di discutere scelte di vita anticonformiste senza rovistare nella sessualità di allievi giovanissimi, con il rischio di suscitare ulteriori incertezze in una identità ancora in via di definizione.
Il film Tomboy, della regista Céline Sciamma, è adatto ad essere proiettato e discusso in una scuola media toscana o in una scuola media toscana o richiede invece un pubblico decisamente più adulto. Ovviamente, nell’ottica dell’attivismo trans, Laure, protagonista del film, è un ragazzo transgender, comunque sessualmente non conforme.
Eppure, la stessa regista aveva dichiarato: «Io credo che la preadolescenza sia un’età molto sensuale, fatta di emozioni e sensazioni molto forti per il semplice fatto che le proviamo per la prima volta. C’è una sorta di tabù su questa età, ci siamo passati tutti ma non ne parliamo mai. I bambini non hanno bisogno di categorie come l’omosessualità, vivono solo di esperienze. Penso che questa storia parli a tutti, perché a quell’età ci siamo tutti travestiti per concederci di essere qualcun’ altro»
Si rende conto di quanto la tematica sia complessa: per essere affrontata richiede anzitutto la consapevolezza che nell’età evolutiva i ragazzi non sono affatto adulti in miniatura, per questo l’abitudine degli attivisti … LGBTQIA+ di proiettare su bambini e adolescenti la propria esperienza, etichettandoli e quindi ‘reclutandoli’ precocemente tra le persone sessualmente ‘non conformi’, non ha senso. O meglio, rappresenta una strumentalizzazione politica che crea nei più giovani ulteriori dubbi ed angosce – e lo fa inutilmente – visto che la stragrande maggioranza delle incertezze identitarie si risolve spontaneamente nel tempo.
Tradotto in parole povere, nell’età della preadolescenza esiste un grado di indeterminazione nella personalità che è fisiologico e non deve dare origine a categorizzazioni rigide. Etichettare precocemente i ragazzi, o addirittura i bambini, come fanno le associazioni LGBTQIA+ e chi ne segue – anche nella scuola – acriticamente l’impostazione, è un abuso!
Che dire del film in questione? È un film ben fatto, ma la tematica che affronta lo rende adatto ad un pubblico adulto. Quale sarebbe infatti il senso di una simile proiezione tra ragazzini dai 10 anni in poi? Quello di favorire l’inclusione? Ci sono film splendidi, come Billy Elliot, ad esempio, ispirato alla storia di un ballerino inglese, che permettono di discutere di scelte di vita anticonformiste senza rovistare nella sessualità degli allievi, anche se in Italia oggi parlare di patriarcato o di maschilismo, con tante personalità dello spettacolo che giocano sull’ambiguità e l’aria che tira, sembra del tutto anacronistico … O il fine di chi ha approvato l’iniziativa è proprio quello di sollecitare gli alunni a manifestare pubblicamente le proprie incertezze sessuali? Vi sembra uno scopo accettabile?
Proprio l’ingresso dell’ideologia gender nelle scuole, soprattutto attraverso i progetti contro l’omofobia, ideati e gestiti da attivisti LGBTQIA+, oltre che la sua martellante presenza sui social, hanno determinato negli ultimi dieci anni una crescita esponenziale dei casi, veri o presunti, di disforia di genere, tanto che in diversi Paesi occidentali – come il Regno Unito – si inizia a fare clamorosamente marcia indietro.
I dubbi sulla propria identità sessuale sono estremamente dolorosi: eppure, quello che per la quasi totalità degli studenti era, fino a ieri, pacifico: cioè che se nasci come Maria, sei destinata a diventare una donna, negli ultimissimi anni è diventato, in particolare per molte ragazzine (i 3/4 dei casi di disforia di genere), incerto, tanto da far lievitare in modo esponenziale le richieste di riassegnazione sessuale, con tutte le gravi problematiche fisiche e psicologiche legate a tali pratiche.
Al di là delle presunte buone intenzioni di chi organizza eventi come questo cineforum, non è compito della scuola veicolare questo tipo di messaggi fuorvianti, che rischiano di danneggiare seriamente proprio i ragazzini più fragili e creano divisioni nel corpo docente e tra genitori e insegnanti.
Confidiamo nella capacità dei docenti della scuola di accogliere ogni studente, a cominciare da quelli maggiormente in difficoltà, valorizzando le peculiarità che li rendono unici, senza addentrarsi per questo in ambiti delicati, che richiedono competenze specifiche e un’interazione continua con le famiglie.