Papa Francesco contro l’«ideologia gender»

«Vuole minare alle basi l’umanità e sta diventando un’imposizione culturale». Così nel nuovo libro-intervista

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Last updated on Ottobre 13th, 2022 at 02:28 am

Prima ancora che arrivi nelle librerie, dove  sarà distribuito a partire da domani, 11 febbraio, il volume San Giovanni Paolo Magno, pubblicato per i tipi delle Edizioni San Paolo, che raccoglie una serie di colloqui fra Papa Francesco e don Luigi Maria Epicoco, preside dell’Istituto Superiore Scienze Religiose Fides et Ratio ISSR de L’Aquila, sta suscitando sorpresa, forse anche scandalo. Dalle anticipazioni, apparse sulla stampa sin dal 15 gennaio, la questione più rilevante che si pone è relativa all’ideologia che sta insidiando l’identità stessa delle persone. L’utopia che intende cambiare la natura dell’uomo si concepisce come un atto di riparazione per un presunto errore da parte del Creatore. I precedenti sono numerosi e antichi, e attualmente trovano l’espressione più avanzata nel transumanesimo, che mira dichiaratamente a «una rivoluzione morale e intellettuale di orientamento prometeico», ha un progetto anche nella sfera della sessualità e minaccia direttamente l’istituto familiare.

Nulla di strano quindi se, interpellato circa le modalità più specifiche in cui in questo preciso frangente storico il male si fa presente e agisce, il Pontefice cita la «teoria del Gender». Affinché non lo fraintendano il Santo Padre, nella propria risposta, mette in chiaro di non avere intenzione di colpire una categoria di persone: «Voglio però subito precisare che dicendo questo non mi sto riferendo a coloro che hanno un orientamento omosessuale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci invita anzi ad accompagnare e a prenderci cura pastorale di questi fratelli e di queste sorelle». Certi fatti nascono da certe idee e queste ultime hanno origine nelle tendenze, perciò, continua il Papa, «il mio riferimento è più ampio e riguarda una pericolosa radice culturale. Essa si propone implicitamente di voler distruggere alla radice quel progetto creaturale che Dio ha voluto per ciascuno di noi: la diversità, la distinzione. Far diventare tutto omogeneo, neutrale. È l’attacco alla differenza, alla creatività di Dio, all’uomo e la donna. Se io dico in maniera chiara questa cosa, non è per discriminare qualcuno, ma semplicemente per mettere in guardia tutti dalla tentazione di cadere in quello che è stato il progetto folle degli abitanti di Babele: annullare le diversità per cercare in questo annullamento un’unica lingua, un’unica forma, un unico popolo. Questa apparente uniformità li ha portati all’autodistruzione perché è un progetto ideologico che non tiene conto della realtà, della vera diversità delle persone, dell’unicità di ognuno, della differenza di ognuno».


Nonostante l’ammonimento della storia biblica, la storia è stata maestra inascoltata di vita e la storiografia testimonia innumerevoli tentativi rivoluzionari di costruire «l’uomo nuovo», tutti finiti nello sterminio di massa. È una prospettiva di fronte alla quale arrendersi equivarrebbe a morire. Tanto vale tentare una sortita, quella della Chiesa in uscita, che opera come un ospedale da campo, per utilizzare due espressioni care a Jorge Mario Bergoglio anche prima di essere eletto al Soglio di Pietro, dal quale ora lancia una proposta: «Non è l’annullamento della differenza che ci renderà più vicini, ma è l’accoglienza dell’altro nella sua differenza, nella scoperta della ricchezza nella differenza. È la fecondità presente nella differenza che fa di noi degli esseri umani a immagine e somiglianza di Dio, ma soprattutto capaci di accogliere l’altro per ciò che è e non per ciò in cui lo vogliamo trasformare. Il cristianesimo ha sempre dato priorità al fatto più che alle idee». Al contrario, «nel Gender si vede come un’idea vuole imporsi sulla realtà e questo in maniera subdola. Vuole minare alle basi l’umanità in tutti gli ambiti e in tutte le declinazioni educative possibili, e sta diventando un’imposizione culturale che più che nascere dal basso è imposta dall’alto da alcuni Stati stessi come unica strada culturale possibile a cui adeguarsi».


Seguire l’indicazione di tornare alla realtà e prendersene cura presuppone la sconfitta della tentazione di credere in un futuro predeterminato e ineluttabile. Sono gli uomini e le donne a imprimere una direzione alla storia, se vogliono anche con l’aiuto di Dio.

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