Last updated on Febbraio 18th, 2021 at 08:30 am
Taglio dei finanziamenti pubblici, licenziamento dei dipendenti ed esproprio dei beni. È quanto sta subendo il Delta Hospice della Columbia Britannica, la più occidentale delle province canadesi. La struttura, che da trentacinque anni offre cure palliative ai malati terminali, si è infatti rifiutata di praticare l’eutanasia sui propri pazienti. Per questo, non solo non riceverà più alcun finanziamento, ma è stato stracciato persino il contratto di locazione e l’associazione si è già vista recapitare la notifica dello sfratto.
Un anno di pressioni
La notizia, comunicata direttamente dalla struttura e rilanciata dal periodico conservatore statunitense National Review, non giunge però come un fulmine a ciel sereno: da mesi, infatti, il Delta Hospice sta subendo pesanti pressioni per costringerlo ad aggiungere anche l’eutanasia alle prestazioni offerte ai propri pazienti.
Premessa: cos’è un hospice? È una struttura che si occupa di fornire assistenza ai malati terminali, ossia a tutti quei pazienti per i quali la medicina non è più in grado di offrire né cure né speranze di guarigione. In quel momento drammatico il malato viene dunque ricoverato nell’hospice e tutta la sua famiglia viene presa in carico dagli operatori. L’hospice non offre infatti solo cure mediche al malato, in modo particolare cure palliative mirate a lenirne la sofferenza, ma garantisce un supporto psicologico, spirituale, umano, attivato grazie alla presenza di una squadra eterogenea di professionalità e di carismi.
L’obiettivo non è evitare la morte, cosa impossibile, ma accompagnare il malato e le persone a lui più care verso il momento dell’addio, camminando insieme. Un anno fa però la Corte suprema del Canada ha stabilito che chiunque combatta con «sofferenze insopportabili» a causa di una patologia può richiedere la morte e l’ospedale è tenuto a esaudire la richiesta tramite iniezione letale.
Un secco “no”
Da subito il Delta Hospice si è detto contrario perché l’eutanasia viola la filosofia stessa della struttura, nata proprio per accompagnare dignitosamente alla morte e non per sopprimere vite. E così il piccolo hospice da dieci posti letto è diventato il simbolo della resistenza al favor mortis.
Una resistenza attiva, però. Infatti, quando nei mesi del 2020 già resi difficili dal CoViD-19 il governo ha annunciato il taglio dei contributi pubblici alle strutture che si rifiutavano di praticare l’eutanasia, il Delta Hospice ha risposto proponendo un taglio del 50% delle proprie spese, così da ridurre i finanziamenti pubblici necessari all’attività. Ma non ha mai ottenuto risposta. O, meglio, la risposta arriva adesso, con lo sfratto e con l’esproprio dei beni.
Le note stonate della sinfonia non si fermano qui. Il piccolo hospice è riconosciuto da tutta la comunità come struttura d’eccellenza nelle cure palliative, cure che sono ancora molto poco diffuse e restano inaccessibili a troppi malati. Se per la Corte suprema canadese l’eutanasia è un diritto, quale argine alla libertà può essere una piccola struttura da dieci posti letto in una provincia da cinque milioni di abitanti?
Dal 2016, cioè da quando l’eutanasia è legale, solo tre pazienti tra quelli ricoverati al Delta Hospice hanno chiesto di essere uccisi. E sono stati soddisfatti senza problemi, o rinunciando alle cure e tornando a casa o facendosi portare in strutture più grandi che somministrano la «buona morte» a pochi chilometri di distanza da questo piccolo ricovero.
Libertà di cura o favor mortis
Secondo Angeline Ireland, presidente del Delta, le ragioni sono ideologiche ed economiche: «Il nostro governo provinciale è attualmente gestito dai socialisti. La Sinistra non ha mai apprezzato la vita umana. Nella medicina socializzata lo stato controlla ed è onnipotente», afferma, interpellata da National Review. «Mi chiedo anche quanto di questa decisione sia guidato dall’economia. Le HPC (cure palliative in hospice) sono molto più costose dell’eutanasia».
Se l’eutanasia si muove anche per ragioni economiche, è facile immaginare l’astio proprio nei confronti delle cure palliative, come ricorda la Ireland: «Constatiamo ogni giorno che le persone che ricevono cure palliative tendono a rifiutare l’idea dell’eutanasia».
La Ireland, in questa intervista di un anno fa, annunciava l’intenzione di portare avanti l’attività anche senza fondi pubblici, ricorrendo alle donazioni private. Alla luce degli ultimi sviluppi però, questa strada non è più percorribile. E la struttura ammette senza problemi di non avere abbastanza fondi per fare ricorso.
Se le luci del Delta Hospice si spegneranno per sempre, anche tutte le altre strutture che offrono cure palliative saranno in pericolo: o si adegueranno all’eutanasia, oppure saranno costrette a chiudere.
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