Il Public Health Scotland (PHS), cioè il Servizio sanitario pubblico scozzese, ha pubblicato il 31 maggio il risultato delle statistiche dell’anno 2021 che riguardano i numeri relativi all’aborto nel Paese.
13.758 casi. 13.758 bambini, in Scozia, sono stati uccisi nel grembo materno, 13,4 ogni mille donne in età compresa fra i 15 e i 44 anni, in lieve riduzione rispetto alle 13.896 cessazioni effettuate nel 2020, annus horribilis dell’aborto scozzese, con un tasso del 13,5. Anche a seguito della crisi dovuta alla diffusione dell’epidemia di CoVid-19, le motivazioni di origine socio-economica permangono, ma, sinceramente, dinnanzi a numeri simili contano fino a un certo punto.
L’anno scorso, su 13.758 aborti complessivi, il 99% di essi, pari a 13.676 bambini abortiti, è avvenuto per via farmacologica. Nel 53% dei casi (7.310 bambini) entrambi i farmaci del protocollo previsto per l’aborto chimico sono stati assunti a casa, in totale solitudine da parte della donna, probabilmente e falsamente “assistita” in telemedicina, con tutti gli abusi che anche «iFamNews» ha evidenziato più volte.
Nel 29% dei casi (3.939 bambini), solo il secondo farmaco è stato assunto a casa e il 18% (2.427 bambini) in clinica o in ospedale.
Gi aborti chirurgici hanno rappresentato lo 0,6% delle cessazioni di gravidanza complessive in Scozia nel 2021: 82 bambini in totale.
Anche la Scozia, come già hanno fatto, nel Regno Unito, l’Inghilterra e il Galles, punta a rendere l’«aborto fai da te» in telemedicina, quasi autogestito da donne di qualsiasi età e condizione e introdotto nel periodo di crisi pandemica, una regola definitiva dello Stato. Altro che annus horribilis.