In Gran Bretagna, Inghilterra e Galles da tempo hanno registrato ciò che non si può definire altro che una recrudescenza. Recrudescenza intesa come aggravarsi, come inasprirsi di una legislazione pro-aborto e perciò contro la vita che pare sia portata avanti a ogni livello e in ogni contesto.
Ne è un esempio un emendamento al disegno di legge dell’Health and Care Bill, il testo su «salute e assistenza» che si propone di riorganizzare parte del sistema sanitario britannico. Tale emendamento è stato presentato da Elizabeth Grace Sugg, membro della Camera dei Lord del parlamento britannico, e approvato con 75 voti contro 35. Esso modificherebbe l’Abortion Act, che risale al 1967, con il fine di «dare alle donne il diritto all’aborto farmacologico a casa».
Si tratta di una posizione ampiamente controversa, che mira a rendere permanente una misura d’emergenza e di per sé già giustamente contrastata, sorta nel contesto dell’allarme del primo lockdown.
Tutto ciò, nonostante di recente «[…] i medici abbiano lanciato un forte avvertimento contro gli aborti “a domicilio” in una lettera ai leader politici, che afferma come essi aumentino tutti rischi per le donne, così come la coercizione da parte di compagni violenti».
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