Sulla «salute riproduttiva», espressione che, nel linguaggio delle organizzazioni internazionali, è divenuta sinonimo di libertà di abortire secondo capriccio, non è impossibile un mutamento di approccio culturale basato su dati scientifici. Di conseguenza si potrebbe modificare perfino il valore semantico dei termini attualmente utilizzati come grimaldello per promuovere e per imporre in tutto il mondo legislazioni marcatamente antinataliste.
In parte dipende da come sarà accolto, diffuso e approfondito uno studio, recentemente tornato all’attenzione dei media, nel quale, nel 2015, si affermava che, limitatamente ai 32 Stati che compongono la repubblica federale del Messico, più le leggi in materia di interruzione di gravidanza risultano restrittive, minore è il tasso di mortalità delle donne. La ricerca, pubblicata sul British Medical Journal (BMJ), è stata condotta dall’Instituto Melisa, in collaborazione con alcune università statunitensi, messicane e cilene.
Ovviamente non basta una proibizione per allungare e migliorare l’esistenza terrena delle puerpere, se al contempo non viene creato un sistema di tutele per la maternità. Consta infatti che, nel decennio 2002-2011 preso in esame dai ricercatori, negli Stati dove le leggi erano più permissive, fossero al contempo carenti le politiche familiari, il livello di alfabetizzazione, le condizioni ambientali e fosse particolarmente diffusa la violenza sulle donne.
Sostiene l’Organizzazione Mondiale della Sanità che ogni anno muoiano 39mila donne per le conseguenze di 25 milioni di aborti clandestini in Paesi dove è vietato, cioè in 26 Paesi del pianeta. A fronte di una preoccupazione almeno di pari livello per la strage degli innocenti, sarebbe credibile l’appello alla sensibilizzazione nei confronti dello 0,156% di madri decedute dopo essersi sbarazzate del figlio che avevano in grembo se si considerasse che il Maternal Mortality Ratio stimato per il 2017 indica un tasso superiore, pari allo 0,211%, di mortalità postparto.
Cifre che, se proprio non giustificano un’emergenza riguardante più le condizioni di salute di chi rischia la vita per avere figli piuttosto che per sopprimerli, evidenziano la necessità di introdurre riforme in numerosi settori per proteggere il diritto alla vita di tutti.
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