Per una strana coincidenza l’attrice Ornella Muti si è presentata alla conferenza stampa di presentazione del Festival di Sanremo indossando un ciondolo che riproduceva una foglia di marijuana, proprio a ridosso della prima udienza del processo a sua sorella, Claudia Rivelli, 71 anni arrestata in settembre perché aveva in casa una quantità di droga da stupro. Anche se sosteneva di utilizzarla per lucidare l’argenteria, gli inquirenti accusano la donna di detenzione di droga ai fini di spaccio in quanto stava inviandone un quantitativo al figlio che abita a Londra.
Agendo con più cautela, Ornella e la figlia, Naike Rivelli, hanno creato un’organizzazione no profit per il sostegno dei malati proprio con prodotti ricavati dalla marijuana. Perciò l’attrice dichiara che il suo è uno scopo benefico: «Spingo l’aspetto terapeutico della cannabis, non spingo assolutamente l’aspetto ludico della canna: mi spiace della polemica, addirittura pensano che io giri per il backstage donando canne, è triste».
Siamo, insomma, all’utilizzo pietoso: «La cannabis», aggiunge, «è una pianta che dà oli, estratti, è una scelta del paziente se usarla o no. Mia mamma ha avuto anni difficili prima di morire e non sono riuscita a dargliela, ho dovuto rimpinzarla di psicofarmaci che annebbiano la coscienza, l’ho persa senza poterle dire ciao perché non mi riconosceva più. Ognuno deve fare quello che si sente, io mi sento bene così».
Due parlamentari di Fratelli d’Italia, Federico Mollicone, componente della Commissione di Vigilanza sulla Rai, e Maria Teresa Bellucci, capogruppo in commissione Affari Sociali, lanciano però l’allarme: «Non vorremmo che il Festival di Sanremo possa diventare il megafono delle posizioni del fronte della cannabis libera e del referendum. Tanto più di fronte ai recenti fatti di cronaca che vedono coinvolta la sorella di Ornella Muti, Claudia, in una maxiretata per smercio di sostanze stupefacenti. Manteniamo certo un atteggiamento garantista ma la riteniamo un’esternazione impropria».
La polemica ha peraltro già travalicato i confini del dibattito civile e politico. Perché per alcuni la droga è un idolo da adorare, altri, come il fotografo e uomo politico Oliviero Toscani, la antepongono addirittura a Dio, con tanto di spregio della grammatica italiana: «A me il crocefisso mi scandalizza di più del ciondolo a forma di foglia di marijuana. La croce mi ha sempre fatto molta impressione», dichiara all’Adnkronos. Così, una rassegna canora che si alimenta di scandali per far notizia, è divenuta il cavallo di Troia della distruzione morale dell’Italia. Se non si può stare muti, tanto meno ci si può rassegnare.